Urania, in terza pagina

Urania, in terza pagina
L’editoria italiana si autoconvince di verità inesistenti, genera mostri – li coccola, poi li uccide –, e soprattutto è incapace di recepire i nuovi scrittori in assenza...

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L’editoria italiana si autoconvince di verità inesistenti, genera mostri – li coccola, poi li uccide –, e soprattutto è incapace di recepire i nuovi scrittori in assenza di paragoni eclatanti. Fioriscono Montalban, nascono tanti Pynchon, basta una gonna alzata per Roth, e ovviamente si grida al capolavoro ogni due uscite. Tanto che i pochi critici in circolazione sembrano alieni quando fanno notare timidamente un difetto ai “maestri”, e leggere e restare alla realtà delle pagine appare come un errore gravissimo. Bisogna procedere per eccessi. Ho letto recensioni che erano pura fiction, anche apprezzabili (senza l’ironia né gli intenti di Wilcock), ma non riguardavano affatto il libro che analizzavano. Tanto che ho pensato a una antologia di fantarecensioni – un genere da non sottovalutare. È come se tutti avessero la febbre e si scambiassero visioni. La Mazzantini diventa Camus, Piperno una incarnazione di Proust, Saviano è Malaparte (paranoico), Faletti si sente Totò (male sue canzoni sono Cutugno) ma solo perché Pirandello è già preso da Camilleri che ha anche Sciascia, Bufalino e Brancati, e in tanti aspettano che ci lasci Stephen King per dividerselo. È come il fantacalcio solo che loro ci credono veramente e non si paga per avere i campioni. 

 

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Il Mattino