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«C'era una volta il fair play inglese» (Ansa, 12.07.2021, ore 18.16)
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Certo che ci restano stampate nella mente le immagini più belle della magica serata di Wembley, finalissima di Euro 2020: Mancini che incita i suoi dopo il gol a freddo dell'Inghilterra, Bonucci che mai domo segna la rete del pari, la calma matura di Donnarumma con i suoi guantoni arancioni prima che iniziasse a parar rigori, gli azzurri in cerchio attorno al condottiero Roberto per trovare la giusta calma dagli 11 metri, la corsa di tutti i nostri verso Gigio dopo aver respinto il tiro decisivo di uno sbarbatello parietà con troppa sicumera, i cori, la premiazione, Chiellini che solleva quella ambita e prestigiosa Coppa d'Argento, l'eleganza di un Presidente come Mattarella sobrio persino nella gioia, le lacrime dei nostri tifosi emigrati sugli spalti del tempio calcistico inglese. E i cori dei tifosi in Italia. E le bandiere tricolore. E tutto il resto.
Certo, questo ci piace. E questo resterà.
Dissenso? E per cosa? E verso chi? Verso il destino cinico e baro della lotteria dei rigori? Verso una Uefa della quale forse gli inglesi non si sentono in fondo più parte dopo la Brexit? Verso un'organizzazione che non ha favorito oltremodo i padroni di casa, affamati da troppo tempo di titoli? Verso gli italiani tutti "pizza&macaroni" che avevano osato batterli proprio in casa loro, laddove è nato il calcio, sul sacro prato di Wembley, davanti ai Reali e allo scapigliato premier Johnson?
Come le immagini belle, anche questa sgradevole istantanea dei calciatori inglesi che si sfilano la medaglia resterà allora nelle nostre menti, in quest'estate così attesa e così vissuta sperando che, in autunno, non tornino gli incubi pandemici. Resterà sgradevole solo il senso di quella dimostrazione di perdita assoluta di ogni educazione sportiva, e non solo, altro che tutti in ginocchio prima della gara per dire "no al razzismo".
I gesti hanno un valore? Certo che ce l'hanno. E quale poteva essere il "valore" trasmesso con la medaglia sfilata, se non quello del rifiuto di un simbolo assegnato ai secondi classificati di una competizione sportiva alla quale si è scelto di partecipare, con la speranza (come tutti) di vincere ma non con l'impossibile pretesa assoluta di riuscirci?
Ecco, c'era bisogno che quei calciatori inglesi avessero mantenuto i piedi per terra e la medaglia attorno al collo. La realtà non era altra che quella che stavano vivendo, proprio in quel momento, proprio lì. Semplicemente, avevano perso. E tornare indietro non si può. Valga, come sempre, per il futuro.
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«Possiamo senz'altro definire l'educazione un'esortazione a superare il principio del piacere e a sostituirlo con quello della realtà» (Sigmund Freud, Formulazioni sui due princìpi dell'accadimento psichico)
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Il Mattino