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Si allunga così il già pesante elenco di presunti casi di malasanità. La lista nera riguarda la Calabria ma questa volta ad essere nell’occhio del ciclone è anche l’ospedale “Annunziata” di Cosenza. L’ultimo episodio prima di Natale: a perdere la vita nel reparto di Neurochirurgia il 49enne Vincenzo Parisi, caposquadra dei vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia. La causa del decesso sarebbe da addebitare a una sopraggiunta embolia polmonare. Si continua a indagare invece sulla morte dell’anestesista Maria Barca, deceduta per una setticemia a seguito di un banale intervento di asportazione di una cisti ovarica operata in laparoscopia. Lavorava da ben 28 anni all’interno di quello stesso ospedale dove ha trovato la morte la notte dell’11 dicembre. E non è, a quanto pare, l’unico caso di setticemia registrato all’ospedale di Cosenza, dove a novembre sono state sequestrate, con facoltà d’uso, ben sette sale operatorie su quindici per «evidenti rischi di contaminazione» derivante «dalla promiscuità nel ciclo sporco-pulito, dalla presenza di locali adibiti a stoccaggio di rifiuti speciali in aree non previste, nonché dal mancato rispetto dei parametri microclimatici e microbiologici previsti con la pressurizzazione delle sale operatorie». Sale che non rispettavano dunque gli standard previsti dalla legge. La Procura di Cosenza continua a indagare e, pur elogiando l’impegno dei medici «che lavorano con turni di lavoro spaventosi e in carenza di personale», ammette le criticità: «Ho trovato un contenzioso imponente per colpa professionale – ammette il procuratore capo Mario Spagnuolo – qualcosa mai capitato prima». Intanto, secondo l’ultima indagine di Demoskopika, nel 2016 ben dieci milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi per le lunghe liste di attesa o perché non si fidano del sistema sanitario della loro regione di residenza. La Calabria si conferma la regione “più malata” d’Italia.
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Il Mattino