A Casal di Principe jihadisti che nessuno ha visto

A Casal di Principe jihadisti che nessuno ha visto
Gli uomini della Digos intabarrati nei mephisto neri hanno da poco lasciato gli appartamenti, ma delle perquisizioni scattate all'alba di ieri alle porte di Caserta - tra...

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Gli uomini della Digos intabarrati nei mephisto neri hanno da poco lasciato gli appartamenti, ma delle perquisizioni scattate all'alba di ieri alle porte di Caserta - tra Casal di Principe e Villa di Briano - non c'è più alcuna traccia. Nemmeno i sigilli sono stati apposti agli ingressi dei tre appartamentini abitati dai tunisini finiti in carcere con le accuse di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e traffico di documenti falsi.

Alle 4,15 dell'altra notte la polizia ha bussato alle porte di Mohammed Baazaoui, 38 anni, e di Rabie Baazaoui, 30enne. Entrambi sono coinvolti - questo sospettano i pubblici ministeri del pool antiterrorismo della Procura di Roma - nella cellula di complici e fiancheggiatori di Anis Amri, autore della carneficina compiuta a Berlino 19 dicembre 2016, in un mercatino allestito per il Natale. Dodici morti e 56 feriti. C'è dunque un filone tutto campano sul terrorismo di matrice islamica (il primo napoletano, il secondo casertano) che si apre ufficialmente alla luce di questi arresti; un capitolo inquietante che conferma come il prisma nero del Jihadismo che invoca e predica la «lotta santa» si presenti con tante sfaccettature: una di queste è rappresentata dal ruolo di coperture e fiancheggiatori capaci di garantire nuove identità a chi ha commesso reati o è in fuga.
 
Alla fine, è un triangolo quello che si compone mettendo insieme i punti che individuano i «covi» degli arrestati. A guardare gli ingressi di quei piccoli appartamenti non crederesti mai che si tratti di una delle centrali operative più attive nel traffico di documenti falsi da garantire ai migranti, soprattutto a quelli maghrebini. Mohammed Baazaoui - presunto capo di quest'organizzazione di fiancheggiamento - alternava il proprio domicilio tra via Pitagora e Largo Santagata, a Villa di Briano; Rabie viveva e dormiva, invece, nella vicina Casal di Principe, in via Francesco Baracca: a un tiro di schioppo - poco più di un centinaio di metri in linea d'aria - dalla «Casa di don Diana», polo didattico di attività educative innovative, luogo sottratto ad un boss di camorra e ormai icona di legalità nella terra di Francesco «Sandokan» Schiavone.
Quel che succedeva nel segreto di queste mura, lontano da occhi e orecchie indiscrete (che pure, su questi territori, sembrano essere ancora rarissime) è presto detto. A disvelarlo è stata, in particolare, la perquisizione seguita all'arresto di Mohammed, l'altra notte, nel terraneo di via Largo Santagata: qui gli investigatori hanno trovato - tra materassi sporchi stesi ovunque (giacigli offerti con ogni probabilità anche ai connazionali che dalla Sicilia risalivano verso Caserta e Napoli per garantirsi documenti falsi, prima di proseguire verso Ventimiglia ed altre destinazioni del Nord) - decine e decine di foto-tessera; e poi altro «materiale cartaceo e documentale» riconducibile alle attività di falsificazione di documenti.

Dicevamo che qui - a Casale e Villa di Briano - si preferisce ancora non vedere, non sentire e - soprattutto - non parlare. Soprattutto con i giornalisti. Un uomo che abita nello stesso stabile occupato da Mohammed fa spallucce. «È questo il palazzo dove hanno arrestato il tunisino stamattina?», gli chiediamo. «Non lo so»: e arriva a dire di non sapere nemmeno quale sia il numero civico nel quale vive. Bocche cucite anche tra i dipendenti di alcuni negozi a due passi da Largo Santagata: «Non sappiamo niente di questi qui, mai visti». I soli a rispondere e raccontare qualcosa sono quattro vicini di Rabia, che abitano in via Baracca proprio di fronte all'appartamentino occupato dal tunisino. «Ultimamente qui non si vedeva entrare nessuno - raccontano - Ma fino a qualche settimana fa era tutto un viavai di biciclette con a bordo nordafricani. Entravano e uscivano di continuo».
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Il Mattino