La Reggia di Caserta e l'Acquedotto carolino per pubblicizzare prodotti per la casa e il bricolage. Da qualche giorno, su manifesti, ma anche su un cartellone luminoso 6x3...
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«Ovviamente prima di procedere per le vie legali abbiamo contattato l'ufficio marketing della ditta da cui ci hanno risposto che avevano acquistato la foto da un'agenzia privata. Come se la Reggia non fosse un bene pubblico - dice, alquanto contrariato, Enzo Zuccaro, il funzionario addetto alla comunicazione del monumento. «E' assurdo, ma i nostri interlocutori sembravano davvero cascare dalle nuvole e non avere alcuna consapevolezza della necessità di chiedere i regolari, relativi permessi. La Reggia e l'Acquedotto sono beni dello Stato che ha il compito di tutelarne anche l'immagine, da qui l'imprescindibile necessità di sottoporre qualsiasi progetto ai responsabili del bene. L'utilizzo di foto o video di beni culturali statali per fini commerciali è, comunque, prevista dalla legge che regolamenta la materia. C'è tutta una procedura da osservare: bisogna, infatti, inoltrare una richiesta formale e attendere la concessione che avviene dietro il pagamento di un canone prestabilito». Come, peraltro, è accaduto per l'uso del logo della Reggia sia sulla linea di borse realizzate dalla ditta Vodivì srl di Spoleto, sia sugli splendidi foulard e le cravatte della maison napoletana «Cilento». Diverso, invece, il caso dell'«Amaro della Reggia», realizzato dalla ditta Petrone in quanto si tratta di una concessione in affidamento esclusivo e, perciò, sottoposto a gara. In particolare, per l'utilizzo del logo o dell'immagine della Reggia, è possibile far riferimento al «Regolamento per la gestione del marchio Reggia di Caserta» che fu emanato nel novembre 2017 e che, per salvaguardarla, fissa regole e limiti in sintonia con le relative leggi dello Stato. La norma, infatti, prevede il pagamento di un corrispettivo per la riproduzione, determinato dall'autorità che ha in consegna il bene in considerazione di modi e finalità della riproduzione. Il dettato legislativo avverte, appunto, che Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l'uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino