CASERTA - È stata una lunga notte di panico e terrore, quella fra sabato e domenica nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dove un detenuto ha fatto scoppiare un...
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Lo straniero è entrato in carcere agli inizi di agosto e, da allora, avrebbe dato molto filo da torcere al personale di polizia penitenziaria più volte intervenuto per sedare alcune azioni di ribellione. L’altra sera, l’ennesimo atto di insofferenza, con l’incendio fatto scoppiare nella sua cella ubicata nel reparto Nilo. L’allarme è scattato sabato alle 23 ma per portare a termine l’intervento – spiegano alcuni rappresentanti della Uil Penitenziari – gli agenti sono stati impegnati fino alle tre del mattino di ieri. Per i tre agenti intervenuti, i sanitari dell’ospedale hanno stilato una prognosi di cinque giorni mentre a carico del georgiano si sono aperte due inchieste: una della locale Procura della Repubblica e l’altra della direzione del penitenziario che molto probabilmente avvierà, d’intesa con il Dipartimento, il trasferimento del detenuto in un altro carcere nelle prossime ore. Cure sanitarie anche per lo stesso incendiario ed i detenuti che si trovavano ristretti con il georgiano, poi trasferiti in una diversa cella per l’inagibilità momentanea della stanza alle fiamme dallo straniero.
Il fuoco, infatti, ha annerito l’intero vano e provocato danni a materassi e altro materiale presente nella cella. Lo scorso giugno, fu invece un detenuto napoletano protagonista di un incidente «domestico» avvenuto in una cella del reparto Tamigi (Alta Sicurezza) dove stava scontando una condanna all’ergastolo. In quella circostanza, a causa di una manovra errata durante la preparazione del pranzo, l’uomo si rovesciò addosso dell’olio bollente che era contenuto in un pentolino provocandogli una piccola ustione sul braccio. Qualche settimana prima, all’interno della casa circondariale, si era registrato invece un caso di autolesionismo: un detenuto aveva ingoiato un forte dosaggio di medicinali e un altro detenuto tentò di dare fuoco alla cella provocando anche l’intossicazione di due agenti.
Uno scenario che fa il paio con l’emergenza idrica che, ancora una volta, grazie all’impegno della direzione – si è cercato di tenere sotto controllo con autobotti esterne (in attesa della realizzazione di un impianto idrico collegato alla rete della città di cui si parla da anni) oltre al sottodimensionamento degli agenti di polizia penitenziaria penalizzati dalla mancanza del 35-40 per cento di personale. Una situazione, come più volte sottolineato da diverse sigle sindacali, che costringe gli agenti a turnazioni stressanti, aumenti di carichi di lavoro con tutte le conseguenze immaginabili nell’espletamento del servizio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino