CASERTA - Erano stati ingaggiati diversi stranieri di origine pakistana e afghana (tutti richiedenti asilo politico e destinatari di un compenso ridicolo) per la raccolta di...
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Nel «pezzamificio» di Teverola, gli abiti usati raccolti in Friuli Venezia Giulia - in particolare nelle province di Gorizia, Udine e Trieste - venivano rigenerati e venduti ad altre popolazioni straniere: gli abiti arrivavano così in Bulgaria, Grecia, Albania, Egitto, Giordania, Tunisia, Guinea e Pakistan. A organizzare il traffico di rifiuti (non speciali) - secondo le Fiamme Gialle – quattro persone, tutte denunciate: due domiciliate tra le province di Como e Monza Brianza e altre due tra Caserta e Napoli, in particolare il titolare dell’amministratore della società con sito di stoccaggio nell’area industriale di Teverola che tra il 2014 e il 2016 ha fatturato circa due milioni di euro. In meno di due anni, il gruppo, avrebbe raccolto in Friuli Venezia Giulia circa 120 tonnellate di abiti usati donati da comuni cittadini sostenendo che erano destinati ad aiutare «italiani in difficoltà» mentre in realtà venivano in Campania e in particolare in provincia di Caserta per fini di lucro. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino