Maria viene dall'inferno. Così le ha fatto credere don Michele Barone. Aveva solo 16 anni quando, per la prima volta, la portarono al tempio «Mia Madonna e Mia...
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Sembra la sceneggiatura di un film, ma è la trascrizione di una parte della testimonianza di una delle vittime di don Michele Barone, il prete che si avvia al giudizio immediato per violenza sessuale su due ventenni, e per maltrattamenti su una tredicenne. La ragazza che parla della «veggente» è stata nella cerchia ristretta degli adepti del prete per due anni. Quattro i pellegrinaggi cui ha preso parte. «Ci andavo col mio fidanzato e con mio cognato che era posseduto dal demonio». E che, aggiunge la ragazza, «fu liberato per due volte. La prima a Pasqua, la seconda dopo un pellegrinaggio».Insomma la tappa a Medjugorie era fondamentale. E fu il diavolo ad annunciare che «se ne sarebbe andato solo dopo il viaggio». Sì, perché Barone all'inizio di ogni preghiera, imperioso, chiedeva: «Chi sei? Come ti chiami? Quando te ne andrai?» e il demonio che martoriava i corpi dei malcapitati, ne contorceva braccia e gambe, finiva per rispondergli, dava una data, esprimendosi attraverso di loro.
Durante quei viaggi, la ragazza sostiene di essere stata obbligata ad avere rapporti intimi col sacerdote. Fu abusata, a suo dire, anche nell'hotel di Medjugorie in cui la comitiva alloggiò nel settembre del 2016. «Ma non ne parlai mai con nessuno, ero terrorizzata. Se la Madonna gli dava potere, chi ero io per screditarlo? Lui diceva tu vedi il potere che ho? Me lo conferiscono la Vergine Maria e l'angelo». Quindi stette zitta. Per capire cosa ha chiuso la bocca delle vittime bisogna calarsi nell'ambiente che Barone aveva costruito. Fatto di forti suggestioni e di «manifestazioni del paranormale» a tratti benevole, ma spesso minacciose. Quella ragazzina, Maria, era il fulcro del potere di Barone. La sua creatura. Il «legame» apparente «tra lui e Dio». Il filo d'acciaio invisibile col quale teneva a sé gli adepti. Poi si seppe di presunte condotte sessuali libertine del prete. «Barone ebbe una relazione con una ragazza, tale M.C., qualcuno lo segnalò alla Diocesi, così lo trasferirono per un periodo a Roma. Una ragazza del gruppo lo riferì agli altri. Allora Barone disse che era tutto falso, che era stato il diavolo ad aver fatto leggere alla nostra amica quel messaggio in cui il prete scriveva alla sua amante ti amo e ti penso tutto il giorno». Anche per questa ragione, perché temevano le conseguenze e l'ira del diavolo, la ragazza tacque. E tacque anche su altro. Ma ne ha parlato, finalmente, ai magistrati che stanno per incardinare il processo. «Don Barone andava in Irlanda e raccoglieva denaro da destinare alla Casetta di Nazareth, ma teneva per sé quei soldi». La Procura di Santa Maria Capua Vetere tenterà di far luce anche su questo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino