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Le condizioni in cui versa il Palazzo al Boschetto, rara testimonianza della Caserta che già c'era "prima della Reggia", continuano a preoccupare appassionati e studiosi. Finalmente liberato dagli alloggiati (alcune famiglie di militari che l'hanno abitato per anni), e tornato nelle competenze della Reggia in esecuzione al progetto di riassegnazione degli spazi del complesso Vanvitelliano stabilito con il Piano Soragni, l'edificio storico è, infatti, in uno stato di inquietante abbandono. Completamente in disuso, è chiuso solo da un cancello che non è sufficiente a salvaguardare la struttura e lo spazio interno. La zona antistante il portone ad inferriate, è diventata una discarica a cielo aperto: buste, scarti di cibo, piatti e bicchieri di plastica, persino un materasso buttato lì da talmente tanto tempo, da essere diventato tutt'uno con le erbacce che lo hanno circondato e inglobato.
All'interno, subito dopo il cancello, ancora erbacce cresciute in modo selvaggio, e anche una lavatrice lasciata lì forse al momento dei traslochi. In più, tutte le porte di accesso all'edificio sono spalancate: una situazione che non protegge dalle condizioni meteorologiche (pioggia, vento, umidità) ne tantomeno evita l'entrata di animali e neanche di qualche malintenzionato che potrebbe senza troppe difficoltà scavalcare le inferriate e trovare ricovero dentro le sale. Una condizione che mortifica, insomma, la storia antica e prestigiosa della struttura.
Chiamato così perché si trova nell'attuale Bosco Vecchio della Reggia, il Palazzo al Boschetto, si incontra percorrendo via Passionisti. Ha l'aspetto di una villa suburbana in quanto nella sua costruzione ricorda quelle romane, era una dimora che «aveva un aspetto più intimo e riservato», come lo descrive la studiosa Lucia Giorgi. Commissionato dal principe Andrea Matteo Acquaviva d'Aragona all'architetto toscano Giovanni Antonio Dosio, nella prima metà del 1600, l'edificio ha una insolita pianta a forma di trapezio che rimanda allo schema della costellazione di Ercole, toponimo del casale dove sorge.
Gli affreschi, in cui sono rappresentati temi biblici, mitologici e cristiani, furono realizzati da diversi artisti, tra i quali il pittore fiorentino Camillo Spallucci e il fiammingo Agostino Pussè. Con la morte del principe Acquaviva, il palazzo passò ai duchi Caetani di Sermoneta, quindi fu venduto a Carlo di Borbone. Iniziata la costruzione della Reggia, divenne la residenza degli impiegati dell'Intendenza (anche Vanvitelli vi soggiornò per alcuni anni) e, a metà 1800, fu trasformato in fabbrica di tessuti. Quindi, passò al Demanio militare fino ad alcuni anni fa.
Il complesso ha tre ingressi.
Tante, negli anni, le iniziative per riportare l'attenzione sul Palazzo, da quella organizzata, nel 2004, in occasione della manifestazione "Caserta oltre la Reggia", dagli studenti dei licei "Giannone" e Diaz, alle "Passeggiate reali" curate dalla stessa Reggia, a quella più recente promossa dal Lions Club Caserta Host che lanciò l'appello "Salviamo il Palazzo al Boschetto e i pregevoli affreschi", con il guidoncino che riproduceva il dipinto della Giustizia esistente in provincia di Caserta, come sottolineò, in quella occasione, l'allora presidente del club Lions, Alberto Zaza d'Aulisio. Che spiegò che «al 1814 risale il dipinto di Giacomo Berger nella Sala di Astrea a Palazzo Reale e al 1934 quello nella sala della Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere nel Palazzo Melzi».
Il Mattino