Caserta, il tribunale del Riesame «Mafia nigeriana come i Casalesi»

Caserta, il tribunale del Riesame «Mafia nigeriana come i Casalesi»
La cosiddetta «mafia nigeriana», che ha in Italia, a Castel Volturno nel Casertano, una delle sue principali basi operative, è assimilabile a qualsiasi altra...

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La cosiddetta «mafia nigeriana», che ha in Italia, a Castel Volturno nel Casertano, una delle sue principali basi operative, è assimilabile a qualsiasi altra organizzazione camorristico-mafiosa, come per esempio il clan dei Casalesi, e per questo i suoi membri sono incriminabili per associazione mafiosa (articolo 416 bis del codice penale). Lo ha stabilito, con una decisione tra le prime di questo genere in Italia, il Tribunale del Riesame di Napoli che ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere per sei esponenti della mafia africana, appartenenti al gruppo noto come quello degli «Eye», o dei «Neo Black Movement» o anche dei «Black Axe»; in cella, per associazione mafiosa, sono finiti personaggi di primo piano dell'organizzazione criminale che ha la sua sede in Nigeria e ramificazioni in altri Stati africani e in diversi Stati europei o extraeuropei. Gli arrestati, residenti a Castel Volturno, non sono nigeriani, ma originari di Ghana e Liberia, due Paesi dove la mafia nigeriana è presente e da dove provengono numerosi immigrati che nel comune del litorale casertano sono finiti per entrare nell'organizzazione.


La decisione del Riesame è anche una «vittoria» della Dda di Napoli - sostituti Alessandro D'Alessio e Ilaria Sasso Del Verme con il coordinamento dell'Aggiunto Giuseppe Borrelli - che già nel 2016 provò a contestare l'associazione mafiosa al gruppo nigeriano; quell'impianto giuridico non trovò concorde il Gip di Napoli che ordinò l'arresto di 22 esponenti del gruppo ma non per reati di camorra. L'ufficio inquirente fece appello e il Riesame gli ha dato ragione. Dalle indagini, condotte dai carabinieri della stazione di Grazzanise e della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere guidata da Emanuele Macrì, è emerso che i vari componenti dell'associazione avevano un ruolo ben definito in relazione alle varie attività illecite, spesso commesse ai danni di connazionali nella folta comunità africana di Castel Volturno, sulla falsariga dei clan «italiani», che impongono il proprio controllo prima di tutto sui territorio in cui vivono: c'era, cos', chi si preoccupava di gestire il racket della prostituzione, chi quello del traffico e dello spaccio di droga, chi di fornire documenti falsi o di fare rapine ed estorsioni, spesso ai danni di connazionali. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino