Con l'indagine in corso sul furto dei cavi di rame che alimentano le sale dell'Aeronautica militare nella Reggia di Caserta scoppia, di nuovo, il bubbone sicurezza....
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Ma cosa non ha funzionato? Com'è stato possibile che in pieno giorno qualcuno abbia tranciato tre fili di rame da 150 metri l'uno e li abbia portati via dalla Reggia senza essere notato? Finisce sotto accusa, ancora una volta, la gestione dei custodi, presenti in numero di 130 complessive unità, ma a quanto pare assenti dalle sale in cui si tenevano gli allestimenti e lo smontaggio, locali attigui a quello in cui si trova il sottotetto per il quale passavano i cavi elettrici rubati. Secondo il regolamento nazionale dei Musei, qualsiasi attività all'interno dei siti deve svolgersi alla presenza dei custodi. Neanche il direttore può sottrarsi dal loro controllo, tant'è che il celebre scontro tra l'ex manager della Reggia, Mauro Felicori, e i sindacati, ebbe all'origine proprio l'abitudine del direttore bolognese di trattenersi in ufficio oltre l'orario, «vizio» che costringeva i custodi a straordinari e che, proprio per questo, chiesero il riordino dei turni nel documento in cui Felicori veniva accusato di «lavorare troppo». Ebbene, il giorno del furto dei cavi pare non ci fossero i custodi a vegliare sugli operai. E la sala, restituita dall'Aeronautica alla Reggia quattro anni, fa era aperta.
Ammuina, recita un antico detto napoletano, è bbona p'a guerra. Vale a dire la confusione genera altro caos. E c'è sempre qualcuno pronto ad approfittarne. Se è vero che l'ultimo colpo messo a segno a Palazzo è avvenuto mentre non si sa quanti operai si aggiravano per le sale attigue a quella del furto, senza la sorveglianza dei custodi, non solo si riconferma il vecchio adagio, ma anche la storia stessa della Reggia. C'erano i lavori in corso alle facciate quando, nel 2013, sparì addirittura il parafulmine del monumento, la «gabbia di Faraday» costata quasi mezzo milione di euro. Quelli della Reggia se ne accorsero, per caso, il 4 aprile. La mattina del 10 giugno 2018, invece, i dipendenti del ministero, in supporto ai custodi, denunciarono la sparizione di un pezzo della scultura di Boltanski dalla sala Terrae Motus. E anche in questo caso vale l'effetto della «ammuina». La stanza è senza allarmi e telecamere, la sparizione dell'ex voto avvenne mentre alcuni artisti, che quella sera dovevano esibirsi in Reggia, usavano la sala di Terrae Motus come spogliatoio. Un'incredibile confusione. Dal furto del parafulmine a quello dei cavi di rame sono cambiati tre responsabili della sicurezza e tre direttori. Nessuno ha ancora trovato la formula per proteggere Palazzo reale. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino