Ilaria a casa, un anno dopo: «Trapianto e nuova vita»

Ilaria a casa, un anno dopo: «Trapianto e nuova vita»
È ritornata finalmente a casa Ilaria Savino, la ragazza undicenne sottoposta al trapianto di cuore il 18 febbraio scorso dopo essere stata per oltre un anno in attesa del...

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È ritornata finalmente a casa Ilaria Savino, la ragazza undicenne sottoposta al trapianto di cuore il 18 febbraio scorso dopo essere stata per oltre un anno in attesa del cuore nuovo, attaccata ad una macchina artificiale che le consentiva di vivere. Ha lasciato ieri, poco dopo mezzogiorno, il reparto di cardiochirurgia del Monaldi, dove era stata sottoposta al trapianto dall'equipe diretta dal primario Andrea Petraio e ha raggiunto la sua abitazione di Marcianise, nel Casertano. Qui resterà in assoluto isolamento, in compagnia soltanto dei genitori e della sorellina.


Ilaria era stata al centro di una straordinaria campagna di solidarietà che aveva coinvolto non solo la Campania, ma l'Italia intera. Una volta ricevuto il cuore nuovo, era stata trapiantata e ricoverata in un box all'interno della terapia intensiva dell'ospedale napoletano. Qui era rimasta poco più di una settimana per poter essere poi trasferita in reparto, in una stanza blindata della cardiochirurgia. Era stata isolata per la sua condizione particolare di immunodeficienza, in attesa di poter tornare a casa. Le dimissioni erano state rinviate di giorno in giorno, per la sopraggiunta emergenza coronavirus: nelle ultime settimane la sua blindatura era diventata ancora più forte.

Il timore di un qualsiasi contagio ne avevano sconsigliato il trasporto a casa. Poi la decisione di farle comunque abbandonare l'ambiente ospedaliero e tenerla in un luogo ancor più protetto. Una decisione presa da Petraio che ha svolto un monitoraggio continuo con il suo staff, sempre sul filo sottile di un equilibrio difficile da mantenere. Ieri la svolta, con le dimissioni. Il papà Nino e la mamma Diana l'hanno sistemata in macchina, con tutte le precauzioni possibili, e l'hanno riportata a casa dove ad attenderla c'era la sorellina Chiara. Nelle intenzioni iniziali, il commiato doveva avvenire con una grande festa, con il coinvolgimento degli altri ricoverati, dei loro familiari e di tutto lo staff del reparto; la prudenza ha consigliato di cambiare programma e di rimandare i festeggiamenti ad un momento migliore. Ilaria ha lasciato l'ospedale con un semplice saluto e con un gran magone: alla felicità di far ritorno a casa si è accoppiata la grande tristezza di doverlo fare alla chetichella.
 
Non è stato un distacco semplice: Ilaria è stata ricoverata in ospedale praticamente per un anno, un anno in cui ha stazionato nel reparto spostandosi al massimo dalla sua stanzetta nel corridoio accanto. È rimasta attaccata per tutto questo tempo ad una macchina artificiale che le sostituiva il cuore: la sua vita dipendeva da quella macchina (delle dimensioni di un vecchio pinguino condizionatore) e dal tubo che la legava. Una vita di sacrifici, enormi, che fanno peraltro apparire una bazzecola - come ha scritto il papà in un messaggio su Facebook - tutti i sacrifici della quarantena di questi giorni cui tutti siamo sottoposti per l'emergenza coronavirus.

L'attesa si è protratta per un anno, ed appariva interminabile, perché nel frattempo non arrivava il cuore nuovo: l'effetto della penuria di donazioni, molto più evidente al Sud. Il 18 febbraio la svolta, quando ogni speranza sembrava svanita: ad Ilaria è stato trapiantato il cuore di un ragazzo campano, l'organo non è stavolta arrivato da lontano come purtroppo tante volte è capitato negli ultimi tempi. La storia di Ilaria è diventata un caso, raccontata sui social, con una partecipazione emotiva fortissima: lei era uno dei cinque ragazzi che in Italia vivevano con il cuore artificiale in attesa del trapianto.


Ilaria è da ieri a casa, a Marcianise. Per ora non potrà ricevere visite e quindi non potrà condividere la sua gioia se non con gli stretti familiari. «Pensavamo che questo giorno non sarebbe mai arrivato», ha detto il papà mentre si metteva in macchina al Monaldi per far ritorno a casa. «È una grande soddisfazione, è la vittoria di tutti noi, dell'intero reparto che era diventato la seconda famiglia di Ilaria», ha aggiunto il primario Petraio, cardiochirurgo giovane, napoletano di Giugliano, un'eccellenza del Monaldi, che è voluto ostinatamente restare a lavorare a Napoli pur avendo ricevuto numerose offerte da prestigiosi ospedali di tutto il mondo. Un'equipe formata da giovanissimi, la sua: chirurghi, infermieri, psicologi napoletani impegnati in prima linea sul fronte dei trapianti. Ora cominceranno i controlli periodici, ma la grande attesa è per la festa che sarà organizzata al Monaldi. Appena si uscirà dal buio di questi giorni.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino