Boss e divorziati «ricongiunti», scovati i furbetti del reddito

Boss e divorziati «ricongiunti», scovati i furbetti del reddito
In una delle aree più depresse del Paese il record di domande per il reddito di cittadinanza non stupì all'atto dei primi bilanci con Casal di Principe in cima...

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In una delle aree più depresse del Paese il record di domande per il reddito di cittadinanza non stupì all'atto dei primi bilanci con Casal di Principe in cima alle classifiche nazionali dei richiedenti. Nel 2019 erano 1259 domande per una cittadina di 21487 abitanti, una percentuale del 5,9 per cento tra le più alte in Italia. Né stupisce che l'attività di controllo delle forze dell'ordine porti ciclicamente alla luce i frutti delle storture del sistema di sostegno disegnato per le famiglie bisognose in un perimetro elastico al punto da consentire la penetrazione di soggetti che di bisognoso non hanno un bel nulla. Dopo il Dom Perignon comprato a Ponticelli con la tessera del Rdc, i numerosi casi di parcheggiatori abusivi, pusher, ladri e chi più ne ha più ne metta arrotondavano le entrate illecite con il sostegno statale, la scure si abbatte anche sui furbetti del reddito dell'area aversana. Il bilancio delle operazioni condotte dai carabinieri del comando provinciale di Caserta e del Gruppo di Aversa, diretti dal tenente colonnello Donato D'Amato, hanno portato al controllo di 3300 cittadini residenti nella provincia di Caserta. Al termine delle verifiche, hanno denunciato all'autorità giudiziaria 84 persone per aver percepito il beneficio senza averne titolo, e segnalato all'Inps ulteriori 18 cittadini per la sua sospensione, avendone perso diritto in quanto destinatari di misure cautelari personali o colti mentre prestavano attività lavorativa.


I DATI
Grazie all'esame incrociato tra i dati documentali e le risultanze acquisite nel corso di specifici servizi, è stato possibile cristallizzare varie irregolarità nelle procedure di dichiarazione del possesso dei requisiti. In particolare, sono state rilevate e contestate: la ricezione del Reddito pur in presenza di sentenze definitive di condanna per reati per i quali è invece prevista la decadenza del beneficio; la presentazione di false dichiarazioni relative a residenze fittizie, allo scopo di sottacere gli altri componenti del nucleo famigliare percettori di reddito o titolari di beni immobili; irregolarità sul territorio nazionale da parte di cittadini stranieri o la mancanza del requisito dei 10 anni di residenza in Italia. Sono state avviate le procedure per la sospensione e la revoca con effetto retroattivo del Reddito di cittadinanza indebitamente percepito, per un ammontare di mezzo milione di euro.


BOSS E DIVORZIATI «RICONGIUNTI»
Il bilancio annovera tra i furbetti cinque pregiudicati per 416 bis, associazione per delinquere di stampo mafioso, che sono riusciti a ottenere il Rdc nonostante le sentenze passate in giudicato. Non mancano soggetti con precedenti per reati comuni: sono in tutto 53. Tra i furbetti, anche le mogli di detenuti che hanno omesso, in autocertificazione, la presenza di carcerati in famiglia. Ma oltre la mala e la microcriminalità che, qui come altrove, è riuscita a intrufolarsi nelle falle del sistema, tra i percettori di reddito senza titolo compaiono tutta una serie di astuti soggetti che ne hanno inventate di tutti i colori pur di accedere al reddito. Si tratta di coppie separate da tempo che hanno omesso la fine del matrimonio per ottenere il diritto a somme più alte. Fenomeno inverso a quello emerso sul Litorale domitio dove, invece, di recente è emersa una sospetta escalation di «separazioni» che potrebbero essere state architettate allo scopo di ottenere il doppio beneficio.


NON È FINITA


Naturalmente i controlli sono tutt'altro che conclusi. Al momento non figurano tra i soggetti per i quali scatterà il blocco dell'erogazione nomi eccellenti di inopportuni percettori di Rdc. Tra gli altri, l'ex vivandiera del boss Michele Zagaria che, emerse nell'estate del 2019 da un'inchiesta de Il Mattino, chiese e ottenne l'accesso al beneficio nonostante le sentenze che la vedevano, insieme al marito, custode del boss in fuga: sotto la loro villetta di Casapesenna c'era l'ultimo boss del capoclan dei Casalesi. Fu una storia che fece scalpore come quelle di altri soggetti collegati alla malavita e ammessi a percepire il beneficio. Su di loro, come sui furbetti autori di fantasiosi escamotage atti ad accedere al Rdc, sono ormai puntati i riflettori delle forze dell'ordine. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino