Simulazione di reato. I tre colpi esplosi contro casa sua il 5 maggio scorso fanno calare il sipario sulla meteora anticamorra di Mario De Michele. Il giornalista di Gricignano...
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Nel pomeriggio di ieri, il giornalista ha pubblicato sul suo giornale on line un editoriale d'addio ai lettori. «Devo pensare alla mia famiglia, ho un crollo fisico e mentale», la sintesi della prima parte del testo in cui si congeda e passa il testimone e due colleghi. Poi una serie di passaggi che suonano come una «confessione», espressa nel suo stile: quello del clamore. «Giornalista anticamorra, giornalista scortato... in quei panni mi trovavo sempre più a mio agio e a causa di quel vestito da supereroe ho commesso qualche errore. Alcuni gravi, imperdonabili», si legge nell'editoriale. «Chiedo scusa a tutti: - prosegue - alla magistratura, alla prefettura, ai carabinieri. Lo Stato c'è sempre». «Ci voleva la doccia fredda della consapevolezza per liberarmi da un ruolo assillante, altrimenti la liberazione non sarebbe mai arrivata. Non getto la spugna e sono fiero delle mie inchieste, ma spengo ora per evitare un corto circuito». Frase dopo frase, è De Michele stesso a dare notizia di quanto è emerso sul suo conto. Il suo scritto dev'essere stato catartico.
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A partire da novembre Mario De Michele è stato ospite fisso in tv. Ha raccontato dell'attentato subito a Le Iene e a Storie Italiane, è stato ricevuto dal viceministro Mauri, insieme ad altri cronisti minacciati, nella sede casertana de Il Mattino e, in quell'occasione, chiese che gli fosse assegnata un'auto blindata oltre la scorta. Ha incassato la solidarietà dell'Ordine dei giornalisti della Campania, dei sindacati di categoria, ha rappresentato i cronisti sotto minaccia un po' ovunque. Perché, a lui, quella camorra che andava denunciando - anche se a tratti è parso come un don Quijote contro i mulini a vento - gliene aveva fatte di tutti i colori. Già prima del clamoroso presunto attentato di novembre, De Michele aveva denunciato svariate minacce e atti intimidatori. Poi gli spari, la prima e la seconda volta. L'ultima. Quanto bastava a creare un «personaggio», come lui stesso si è definito nell'editoriale d'addio, dove ha anche scritto che quel «personaggio» aveva scalzato «la persona». Un passaggio autobiografico di una vicenda umana che impone la chiamata in causa di Sciascia, e de Il Giorno della Civetta, di quell'analisi lucida di mafia e antimafia sempre così attuale. Non si conoscono i dettagli dell'indagine, non ancora. Ma comunque sia andata, la storia del De Michele «giornalista anticamorra» è ai titoli di coda. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino