Assolti dopo sei anni dai fatti, era il 2012 due medici e un'infermiera dell'ospedale di Caserta che erano stati incriminati per omicidio colposo, a seguito di presunte...
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LA PERFORAZIONE
Si verificò una perforazione nella zona polmonare che l'equipe medica, secondo l'accusa, non riuscì a controllare. Circostanza sconfessata dalla sentenza nonostante fossero molto corposi i capi di imputazione. Il paziente, Vincenzo Brignola, aveva 68 anni quando arrivò al pronto soccorso dell'ospedale nel settembre del 2012. I medici (erano quattro indagati ma per un medico c'era stata subito l'archiviazione del caso), secondo l'accusa non avrebbero evitato il decesso dell'uomo durante le operazioni di soccorso. Ci sarebbe stato un peggioramento delle condizioni di salute di Brignola che non sarebbe stato adeguatamente controllato, un mancato approfondimento dal punto di vista diagnostico dei risultati degli esami clinici, in particolare, nonostante fosse stata effettuata una ecografia del torace. Inadempienze che non avrebbero consentito di evidenziare meglio, a sinistra, alcune fratture di costole. In più, sempre secondo quanto ipotizzato dall'accusa, non avrebbero tenuto conto del fatto che le lesioni ossee riportate agivano su un substrato precario, dovuto alla «diffusa antracosi e a un diffuso enfisema» tanto da rischio di complicanze cliniche a causa di lesioni e lacerazioni polmonari.
L'ACCUSA
Inoltre, l'equipe medica stando sempre secondo l'accusa non avrebbe tenuto presente le condizioni del paziente, soggetto con varie patologie croniche cosicchè si sarebbe formato uno sperone osseo a causa delle fratture provocando la rottura di alcune bolle in prossimità dei piccoli bronchi provocando una emorragia. I medici e l'infermiera avrebbero anche sottovalutato i risultato di altri esami ricorrendo ad una terapia farmacologica inadeguata somministrando un farmaco antitrombotico che, stante il rischio di emorragia, non doveva essere somministrato. Comportamenti ai quali ha replicato la difesa.
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Il Mattino