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«Non riusciamo a certificare la morte di nostra sorella Katia in Comune, serve la sentenza definitiva dei giudici trasmessa negli uffici comunali di Castel Volturno». A spiegarlo è Anna Gabrielli, sorella di Katiuscia, bella e giovane, morta a soli 25 anni a Castel Volturno per mano del compagno: Giuseppe Cervice, ex pizzaiolo, condannato per l'omicidio della donna a 24 anni di carcere.
Il paradosso sta nel fatto che la sentenza emessa nel 2012 dai giudici di Santa Maria Capua Vetere e poi dalla Cassazione (decisione definitiva), non è stata trasmessa a Castel Volturno. «Io consegnai all'epoca la sentenza in formato cartaceo al padre di Katia», spiega l'avvocato Raffaele Russo, difensore della famiglia Gabrielli. Ma il papà della vittima è deceduto qualche tempo fa e della sentenza non è rimasta traccia.
Così, l'avvocato Russo promette: «Mi impegnerò a richiederla nuovamente».
Per i magistrati del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, quel pizzaiolo l'aveva uccisa la notte tra l'otto e il 9 settembre. Gli indizi a riguardo, però, erano pochi. I Ris, chiamati a indagare sul fatto, nel novembre dello stesso anno trovarono nei cassonetti dei rifiuti solo pochi resti di cenere, residui della ristrutturazione, che non vennero comparati con il Dna di Katia perché poca era quantità del materiale sequestrato. Ma le altre prove bastarono per i giudici Elvi Capecelatro, a latere Maria Chiara Francica. Due giudici, donne, che hanno ricostruito - nel 2021 - in maniera minuziosa con prove, indizi e coincidenze, la vera storia di Katiuscia e del suo amore per Giuseppe. A portare avanti l'accusa fu il pm Ilaria Sasso Del Verme. Ora, in prossimità del 25 Novembre, giornata dedicata alle vittime della violenza sulle donne, il nome di Katiuscia rimbomba ancora di più.
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