Il posto evoca ciò che potrebbe essere e non è. Sui prati digradanti verso il viale centrale l'erba è rada, a tratti secca. Accatastati vicino a cestini e...
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PRIMA
Qualche anno fa questa zona di Santa Maria Capua Vetere era morta. In tarda mattinata e nel primo pomeriggio le uniche voci che si udivano erano quelle degli anziani che giocavano a bocce. Di sera, auto di fidanzatini in cerca di privacy, gruppetti sparuti di ragazzi che fumavano, a più riprese vandali ignoranti che violavano ora le tombe a camera allineate all'ingresso ora i marmi scampati alla spoliazione della nuova Capua. Di turisti nemmeno l'ombra. E faceva quasi paura aggirarsi nel quartiere dopo il tramonto.
DOPO
Circa una decina di anni fa il cambiamento: monumento tirato a lucido, costruzione del Museo dei gladiatori e di un emiciclo dove accogliere scolaresche per fini didattici, sotterranei percorribili, piazza rimessa a nuovo e, nel 2013, l'apertura di un ristorante bio al confine dell'area archeologica. Una trasformazione accompagnata da accese polemiche («la canna fumaria deturpa il paesaggio»), da qualche passo falso (la collocazione di un lungo gazebo, prima sequestrato e poi rimosso) e dallo spuntare sempre più fitto di bar e locali ai lati dello slargo. Di sera sammaritani e visitatori da tutta la regione accorrevano a godersi lo spettacolo dell'Anfiteatro illuminato in quello che si annunciava come il salotto buono della città, animato da spettacoli musicali e teatrali, alcuni di grande interesse.
ADESSO
I giovani hanno eletto la piazza a luogo di incontro. Finalmente bar dove chiacchierare, pub, pizzerie, trattorie, iniziative culturali e più squisitamente di svago, come la visione su maxischermo delle partite della Nazionale. E i prati, all'esterno dell'area archeologica, dove stendere coperte e strimpellare con una chitarra, guardare le stelle, godersi il fresco. Ma anche vomitare dopo aver troppo bevuto, spargere rifiuti, litigare e picchiarsi, sfrecciare con l'auto per farsi notare, ascoltare musica a tutto volume, parcheggiare pure davanti ai portoni. Spesso e dappertutto la «movida» sconfina nella villania. Ma chi e cosa è lì a ricordare ai ragazzi che si tratta di un «salotto buono»? Se non si vuole che i prati siano utilizzati come luogo di bivacco, devono essere curati costantemente e trasformati in giardini con aiuole. Vanno installate più panchine e sedute se non si vuole che i giovani si accalchino sugli scalini ormai sfregiati delle balconate. Servono più cestini, maggiore illuminazione. Occorrono controlli di forze dell'ordine e istituzioni perché, anche tra le nostre quattro mura, la mamma non si stanca mai di ricordarci di stare attenti alle porcellane, di toglierci le scarpe se sono sporche prima di entrare, di abbassare il volume e infilare le cuffie, di non fare troppo rumore per non disturbare i vicini. Alla civiltà ci si educa. Dentro e fuori casa.
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Il Mattino