Caserta, lasciato in strada agonizzante: esposto sulla morte di un operaio

Caserta, lasciato in strada agonizzante: esposto sulla morte di un operaio
Abbandonato, agonizzante, lo scorso 5 luglio, da un'automobile alla stazione di Caserta. Sul corpo estese scottature. Alcuni clochard lo notarono, chiamarono aiuto. Quel...

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Abbandonato, agonizzante, lo scorso 5 luglio, da un'automobile alla stazione di Caserta. Sul corpo estese scottature. Alcuni clochard lo notarono, chiamarono aiuto. Quel giorno Narinder Singh, indiano di etnia Sikh, fu ricoverato in ospedale dove è morto lo scorso 26 luglio. Ora si vuol far chiarezza sulla sua morte, si vuol capire se il suo sia stato un decesso naturale o se dietro ci sia, piuttosto, un caso di sfruttamento. Un esposto, a tal fine, è stato depositato alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere dal legale Giancarlo Pezzuti per conto della Flai-Cgil, in cui si chiede all'ufficio inquirente di fare, appunto, chiarezza. Il «sospetto più che fondato - spiega Giovanni Mininni, segretario nazionale della Fial-Cgil - è che dietro la morte di Narinder vi possa essere una delle tante storie di sfruttamento lavorativo e di riduzione in schiavitù. L'uomo aveva estese scottature sul corpo, e non aveva con sé il cellulare, che probabilmente gli è stato sottratto dai suoi sfruttatori. Per questo auspichiamo che la Procura disponga almeno l'autopsia sul corpo, per fugare ogni dubbio. Anche perché lo stesso Narinder, prima di morire, ha raccontato che lavorava presso un'azienda agricola e di allevamento di Castel Volturno, dove curava gli animali, in particolari cavalli e vacche». Fu la responsabile dell'associazione di volontariato L'Angelo degli Ultimi, Antonietta D'Albenzio, quel 5 luglio ad intervenire. Sulla salma non è stata fatta alcuna autopsia, ma la morte è stata derubricata come decesso naturale; il corpo è ancora alla sala mortuaria dell'ospedale, in attesa che dall'India arrivi il nipote del 38enne per riportarlo in patria. «Anche la morte nel 2015 di Paola Clemente, la bracciante tarantina morta nei campi di Andria - afferma Mininni - inizialmente fu trattata come un decesso naturale, ma poi si è capito che l'arresto cardiaco era stato causato dalle orribili condizioni di lavoro cui era sottoposta ogni giorno». 
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Il Mattino