Angelo Marino ucciso a botte in piazza, era stato appena scarcerato

Angelo Marino ucciso a botte in piazza, era stato appena scarcerato
Viveva con il padre, aveva pochi amici, era sempre solo, in cerca di guai. Sembrava uno degli «ultimi», ma in realtà era arrabbiato e incompreso. Angelo Marino,...

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Viveva con il padre, aveva pochi amici, era sempre solo, in cerca di guai. Sembrava uno degli «ultimi», ma in realtà era arrabbiato e incompreso. Angelo Marino, ragazzo difficile, uscito dal carcere qualche giorno fa. Colpito in precedenza da un'ordine di allontanamento dal paese di origine, era poi tornato a vivere vicino al padre, a Cesa. Due ceffoni sul viso sferrati a un ragazzo di 22 anni, hanno segnato per sempre la sua sorte: quel ragazzo di 22 anni ha reagito e Angelo Marino è caduto davanti a un bar di piazza De Giorgi, a Cesa, morendo qualche minuto dopo, con un trauma cranico importante che lo ha inchiodato sull'asfalto. È finita così la sua vita, a 36 anni.

Nato a Capua, ma residente a Casandrino, mercoledì sera Angelo si trovava in una piazza piuttosto frequentata di sera a Cesa, nel paese dove un mese sì e l'altro pure i vandali notturni (mai identificati) rompono le fioriere che il sindaco si ostina a rimpiazzare ogni volta che vengono distrutte. Qui, per motivi ancora da chiarire, sarebbe stato Angelo a innescare la lite con il ragazzo di origini marocchine di 22 anni che stava sorseggiando una bevanda proprio davanti al locale. Erano circa le 22 e 30 quando il tutto è successo: i due si sono picchiati e il trentacinquenne è stato spinto a terra. All'arrivo dell'ambulanza, Angelo è morto. Il giovane marocchino, in un primo momento, si sarebbe allontanato dal luogo della lite, ma durante la notte si è consegnato nelle mani delle forze dell'ordine presentandosi alla caserma dei carabinieri di Cesa. Alle quattro di notte era in lacrime davanti al maresciallo della stazione. Sul caso, sta indagando la procura di Napoli nord con i suoi magistrati. Dai primi accertamenti dei carabinieri, sembra che il 36enne sia morto per le ferite riportate durante la colluttazione e per aver battuto la testa. Allo stato, l'ipotesi di reato più accreditata è l'omicidio preterintenzionale, anche se le forze dell'ordine non escludono altre ricostruzioni. Per ora, si sta cercando di recuperare le immagini catturate da alcuni cellulari e da alcune telecamere in zona.


«Sì, era un ragazzo con tanti problemi, guai, arrabbiato con il mondo, ma non meritava di morire», spiega un'amica di Angelo. Chi doveva prendersi cura di Angelo? Chi avrebbe dovuto curarlo? In Italia, al Sud, in particolare, mancano strutture per recuperare donne e uomini in preda a disturbi del comportamento. Manca un'assistenza sociale. E così, chi soffre, finisce inevitabilmente senza destinazione in strada. «La civiltà di un paese si misura da come tratta gli ultimi della società, che sono solo uomini normali solamente più sfortunati. Non meritavi di finire così, nessuno lo merita», spiega Ilia Marino, la cugina Angelo sul suo profilo social. La vittima della lite aveva, probabilmente, una personalità tendente alla violenza, ma non era certo la sua indole a farlo agire: se indirizzato e curato, aiutato soprattutto ad uscire da alcuni tunnel, sarebbe stato un uomo tranquillo.



«Dovranno esserci parole profonde per chi non ha avuto una vita facile! Per chi doveva essere tutelato e non lo è stato! Per chi doveva avere l'attenzione di tutti e la comprensione di ognuno! Ci si riempie la bocca di belle parole, si esprimono concetti altisonanti e poi ognuno chiude la porta della propria casina!», spiega una conoscente di Angelo sulla bacheca Facebook. Eppure, l'aria che si respira oggi a Cesa, è di una certa rassegnazione all'indifferenza della vita altrui.
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Il Mattino