È un filo rosso d'acciaio e sangue quello che stringe nel giogo le vittime della tratta. Dall'Africa nera alla Libia, a Catania fino al Litorale domitio. Con...
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È stato grazie a una minorenne rapita da un centro di accoglienza che la polizia, nel 2016, ha avviato le indagini sfociate ieri nei quattro arresti. L'indagine è infatti partita dalle dichiarazioni di una 16enne nigeriana sbarcata nel porto di Catania nel luglio del 2016. Arrivò sulle coste siciliane a bordo dalla nave della Guardia Costiera «Luigi Dattilo», insieme ad altri 359 migranti. La ragazza era stata «reclutata» nel suo paese con la falsa promessa di un lavoro in Italia, dopo essere stata sottoposta al rito esoterico ju ju, con il quale si era impegnata a ripagare la somma di circa 20mila euro, una sorta di riscatto che ogni ragazza ridotta in schiavitù deve pagare. Una volta in Sicilia la minorenne ha raccontato di essere stata «prelevata» al centro di accoglienza, poi costretta a vendersi pr strada. Gli agenti della squadra mobile di Catania sono poi riusciti a ricostruire le storie di altre giovani nigeriane che come la 16enne erano costrette a prostituirsi per u 100 euro al mese. Le giovani donne dovevano prostituirsi nelle «Ugbo», ovvero «il terreno» che indicava i pochi metri di strada assegnati a ciascuna ragazza e da cui ha preso il nome l'operazione.
Come detto, gli indagati vivono un momento di grande fibrillazione quando, nel marzo di un anno fa, il re, l'Oba Ewuare II ferma i giochi dei trafficanti dichiarando «decaduti» tutti gli effetti delle maledizioni juju. L'Oba è la massima autorità religiosa del popolo Edo, per cui il divieto di praticare i riti di giuramento che vincolano le vittime a maledizioni terribili ha «cancella» per legge gli effetti malefici del juju e spezza le catene dei carcerieri. Gli indagati temono una ribellione di massa e cercano in tutti i modi di tenere ancora al giogo le proprie vittime, E quindi, spiegano loro che l'editto aha valore solo per i cittadini di Edo State e non per tutti i nigeriani. Indicative alcune delle intercettazioni agli atti. «Le regole di Oba devono essere interpretate per bene: Oba non ha mai parlato di annullare i debiti...e poi...costi quel che costi, io voglio che mi venga scontato il debito... Oba non ha mai detto a nessuna ragazza che già si trova qua in Italia di non pagare il debito.. poi a me non importa di quello che dice Oba.. tanto io non sono di Benin». Se l'editto per gli schiavisti poteva essere «eluso», l'ordinanza del gip di Catania è altra cosa. E da ieri li blocca in cella. Rispondono, in concorso con altri soggetti da identificare in Libia e Nigeria, tratta di persone pluriaggravato dalla transnazionalità del reato e dall'aver agito in danno di minori, di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di sfruttamento della prostituzione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino