Spari contro una concessionaria, a Marcianise torna l'incubo racket

Spari contro una concessionaria, a Marcianise torna l'incubo racket
Quattro anni di silenzio, di apparente calma, di tranquillità per i commercianti di Marcianise. Quattro anni di arresti, condanne, pentimenti, dietrofront di collaboratori...

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Quattro anni di silenzio, di apparente calma, di tranquillità per i commercianti di Marcianise. Quattro anni di arresti, condanne, pentimenti, dietrofront di collaboratori di giustizia. Ma anche di scarcerazioni che hanno rinfoltito la manovalanza dei clan ormai senza capi e senza soldi. Potrebbe esserci questo scenario criminale dietro i tre colpi di pistola esplosi all'alba di ieri contro la saracinesca dell'autoconcessionaria Zarrillo, in via San Giuliano a Marcianise. Potrebbe esserci una richiesta di racket non esaudita, potrebbe esserci il tentativo di intimidire «preventivamente» questo e altri operatori del vivace e indomito tessuto commerciale della città.

 
Potrebbe, ma non è certo, visto che il titolare alla polizia ha già chiarito di non aver mai ricevuto richieste di pizzo. E di non avere avuto «bussate» né in passato né di recente quando, determinati personaggi legati alla malavita locale, sono tornati a Marcianise dopo qualche anno nelle patri galere. I poliziotti del commissariato di Marcianise, diretto da Antonio Sepe, e la squadra mobile di Caserta coordinata da Davide Corazzini, a ogni modo, sembrano orientare le indagini in una chiara direzione. Che va verso la camorra, tant'è che dell'alba di fuoco di via San Giuliano è stata informata la Dda di Napoli. La vittima, ritenuta da tutti in città una persona perbene, di recente ha aperto una nuova concessionaria a Casagiove. La sua è una famiglia molto stimata, tant'è che al nonno del proprietario della concessionaria, Giovan Battista Zarrillo, è intitolato uno slargo perché fu il primo a portare l'illuminazione pubblica a Marcianise.

Di recente hanno riconquistato la libertà quattro soggetti arrestati nella retata della scorsa primavera che ha decapitato il clan Piccolo. Si concentra su di loro l'attenzione degli investigatori, su personaggi che hanno ripreso quota e che, tornati liberi starebbero anche approfittando del momento di sbandamento del clan rivale. Sono giorni travagliati, intanto, sull'altro fronte, quello dei Belforte. Si attende con trepidazione la sentenza del prossimo ottobre che potrebbe stroncare una delle figure più controverse della famiglia. Maria Buttone, attualmente libera, è sotto processo per l'omicidio di Angela Gentile, l'amante di suo marito, Domenico Belforte, che secondo la Dda il boss fece eliminare su ordine della moglie. Rischia la galera a vita, la Buttone, dopo una vita accanto all'irriducibile capoclan, a suo fratello, il mammasantissima poi collaboratore di giustizia, poi scaricato dalla Dda. Rischia tanto e la detenzione di un personaggio così carismatico avrebbe ripercussioni serie su ciò che resta del cartello. Per questa ragione, non si può escludere che gli spari dell'altra notte a San Giuliano possano essere il gesto di qualcuno che, privo del giogo di un capoclan, si muove in maniera scomposta per racimolare qualche soldo. Ipotesi, null'altro.


L'area in cui si è verificato il raid, così come quelle immediatamente limitrofe, sono sufficientemente videosorvegliate. Le telecamere pubbliche o quelle degli esercizi commerciali, potrebbero aver ripreso gli autori del vile gesto o la loro fuga. Al momento viene ipotizzato dagli investigatori che la sparatoria si sia verificata dopo le dieci di sera. A quell'ora, infatti, si è tenuto lo spettacolo pirotecnico che ha chiuso i festeggiamenti in onore del Crocifisso. Ed è impensabile che con tanta gente in giro il tiratore non sia stato notato o che abbia scelto di sparare col rischio di essere visto da qualcuno. Dei fori nella saracinesca si è accorto, solo ieri mattina all'apertura, il titolare della concessionaria che ha sporto regolare denuncia e ora attende che i responsabili del raid vengano individuati.
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Il Mattino