Tornavano da un rave party, sballati dopo una notte in balìa della musica techno e delle droghe sintetiche. Salirono su un vagone della metro diretti alla stazione Termini...
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I tre sono quindi stati ritenuti responsabile dell’aggressione che quasi costò la vita a Maurizio Di Francescantonio. L’uomo fu preso a calci e pugni in testa, fino a essere ridotto in coma, sulla linea B della metro capitolina, all’altezza di piazza Bologna. A scatenare la furia del terzetto campano fu il rimprovero ricevuto dalla vittima. «Qui non si fuma. Smettetela di dare fastidio», disse Di Francescantonio.
La risposta fu una furia di inaudita violenza. Calci, pugni, schiaffi, sotto gli occhi dei passeggeri. Eppure nessuno intervenne per difendere il 37enne di Tivoli, eccetto la sua anziana madre. La donna cercò di fare da scudo al figlio e fu a sua volta colpita. L’impressionante sequenza di percosse fu in parte ripresa dalle telecamere di videosorveglianza della metropolitana. Grazie a quel video, gli agenti del commissariato «Viminale» di Roma arrestarono in pochi giorni i tre autori del raid, poi rinchiusi a Regina Coeli e finiti sotto processo per tentato omicidio. I primi a finire in cella furono due casertani. Venti minuti dopo il raid, furono bloccati in piazza Bologna Antonio Senneca, di Maddaloni, e Luigi Riccitiello, di Sant’Arpino. Entrambi poco più che ventenni, si «giustificarono», durante l’interrogatorio di garanzia sostenendo di avere agito sotto l’effetto di droghe. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino