Parlerà ancora, domani, tenterà ancora di dire la sua. Renderà spontanee dichiarazioni al giudice che è chiamato a decidere se, di nuovo, Ciro Guarente...
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La sera del 7 luglio del 2017 mise in atto un terrificante piano ai danni di Vincenzo Ruggiero, commesso da Carpisa e attivista dell’Arcigay. A scatenare la furia omicida dell’ex cuoco della Marina fu la gelosia. In quel periodo, infatti, Vincenzo era ospite, ad Aversa, in casa di Heven Grimaldi, fidanzata transessuale di Guarente e grande amica di Vincenzo. Guarente mal tollerava il feeling tra i due e, approfittando dell’assenza di Heven, che in quel periodo era in Puglia, uccise il ragazzo con un colpo di pistola nell’appartamento della ragazza, poi lo caricò in macchina in sacchi dell’immondizia e cercò di disfarsi del corpo riducendolo a pezzi e nascondendolo dentro un invaso in un garage delle palazzine popolari di Ponticelli. Per giorni mentì a tutti. Ciro Guarente cercò di far credere alla fidanzata, alla famiglia e agli amici che Vincenzo era partito. Iniziarono gli appelli sul web e in tv. E iniziarono anche le indagini. Il 27 luglio, il castello di bugie costruito da Guarente crollò di colpo. I carabinieri acquisirono i video in cui lo si vedeva caricare in macchina i sacchi neri. Fu interrogato, dopo giorni di resistenza ammise in parte ciò che era successo, mentì ancora, ma intanto la Procura di Napoli Nord aveva già ricostruito il quadro. Iniziarono gli scavi a Ponticelli, dove vennero a galla parte dei resti martoriati del corpo di Vincenzo. Qualche settimana dopo, fu identificato anche l’uomo che aveva fornito a Guarente la pistola. Francesco De Turris, pregiudicato di Ponticelli, fu poi a sua volta condannato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino