Lo ha attirato in trappola un «amico», qualcuno di cui si fidava. Con il quale aveva confidenza al punto che ha citofonato a casa sua e gli ha chiesto di scendere in...
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Ferdinando Longobardi era in pantofole quando il suo assassino ha aperto il fuoco. Così lo hanno trovato, ormai esanime sull'asfalto, i carabinieri quando sono arrivati sul posto, poco prima delle dieci di sera.
Aveva ventinove anni, di cui sei passati in carcere per droga, il ragazzo ucciso ieri sera a Mondragone, nella zona residenziale del Parco Aurora, un quartiere dopotutto tranquillo rispetto ad altre zone della città, peraltro a poca distanza dalla caserma della guardia di finanza.
É caccia ai killer, avrebbero agito in due, e per stanarli gli investigatori stanno cercando la persona che ha citofonato a casa della vittima per indurlo a scendere in strada. Nello stesso tempo, si scandaglia la vita del ventinovenne assassinato. Scarcerato appena qualche mese fa, Longobardi fu arrestato nel 2013 per fatti di droga. Fonti del posto riferiscono che il suo giro, il posto in cui spacciava, era intorno a piazzetta Marchiato e, ancora, che in passato avrebbe avuto legami con personaggi legati al clan Pagliuca. Gli investigatori trattano la vicenda con estrema attenzione: a Mondragone non si registravano omicidi connessi alla criminalità da diversi anni, il delitto di ieri non può non far suonare un sinistro campanello d'allarme.
Qualcosa, nell'apparente calma piatta del Litorale Domizio, si è innegabilmente rotta. L'agguato di ieri sera spezza un lungo periodo senza sangue e spalanca una porta sullo scenario criminale attuale. Animato dalla recente scarcerazione di personaggi legati in passato al clan La Torre, ma anche da gente che traffica con le mafie straniere e da chi risponde alla camorra napoletana. Una criminalità variegata in una zona dove non c'è un clan egemone. Un cocktail letale per chi tenta scalate ai vertici o semplicemente pesta i piedi al capetto sbagliato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino