Il pane raffermo non si spreca più: ecco come diventa birra di qualità

Con la pandemia, che praticamente gli aveva azzerato le vendite, con la chiusura di ristoranti, bar e pub, il vulcanico Mario Cipriano non si è scoraggiato. Anzi, da...

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Con la pandemia, che praticamente gli aveva azzerato le vendite, con la chiusura di ristoranti, bar e pub, il vulcanico Mario Cipriano non si è scoraggiato. Anzi, da ottimista di natura, ha ampliato l'offerta del suo Birrificio artigianale «Karma». E così nella sua sede di Alife ha pensato bene di trasformare le tonnellate di pane non venduto in un nuovo prodotto di valore. Per produrre una birra chiara ad alta fermentazione con aromi erbacei e agrumati e un tocco inaspettato di sale, dato dalla presenza del pane invenduto e recuperato.

«L'impegno è contrastare lo spreco alimentare e aiutare l'ambiente - ha affermato Cipriano - perché finiscono per essere buttate tonnellate di alimenti».

A fare da contraltare a tale pessima costumanza ci ha pensato «Biova Project», startup innovativa piemontese, che si occupa di combattere lo spreco alimentare, raccogliendo le eccedenze e donando loro nuovo valore, oltretutto intravedendo anche l'occasione per stabilire un business. In Campania il primo birrificio a produrre, in collaborazione con Biova, una birra con pane è il birrificio alifano Karma. E così il pane, raccolto da supermercati, hotel, ristoranti e panetterie del territorio, viene utilizzato come materia prima per la birra.

E «Karma» si è impegnata e «sarà in grado di produrre 2.500 litri di birra a partire da 150 chili di pane recuperato - ha ancora aggiunto Cipriano -. Oltretutto la riduzione di materie prime si riflette in un risparmio di acqua ed energia - ha affermato per di più - e permette al processo di mantenere un saldo negativo di CO2 nel corso dell'intera produzione».

Le prime testimonianze di produzione di birra risalgono agli antichi Sumeri ed Egizi. Popolazioni che utilizzavano il pane al posto del semplice orzo, e datteri e miele al posto del luppolo. Ovviamente il risultato era una bevanda alcolica molto diversa da quella che oggi conosciamo, probabilmente troppo stucchevole per le nostre abitudini. «Ma la nostra idea non era quella di fossilizzarsi sul riprodurre una ricetta antica, ma semplicemente di riutilizzare tutto il pane sprecato. Perciò abbiamo modernizzato la concezione di birra di pane - ha ribadito Cipriano - aggiungendolo semplicemente come un ingrediente extra. Questa birra fatta con il pane è molto semplice e richiede pochissimi ingredienti. Si presenta sotto una veste leggermente opalina e con un colore molto chiaro, adornata da una schiuma bianca e persistente. Il profumo è delicato e piacevole e riflette le note fruttate del luppolo scelto. Al primo sorso il bilanciamento tra luppolo e malto è perfetto, per lasciare sul finale una sensazione di dolcezza più pronunciata e una leggera sapidità dovuta dal pane». 

Infine «per gustare questa birra al meglio, bisogna servila alla temperatura di 6-8°C. Il bicchiere ideale per questa birra dall'aroma così delicato è un calice a chiudere. E può essere abbinata - ha concluso Cipriano - a carni bianche, pasta, pesce, verdura, pizza e panini».

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Il Mattino