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Il 5 maggio si è uccisa, disperata, lanciandosi sotto a un treno in corsa nella stazione di Marcianise. Ieri, la verità sulla morte di Raffaella Maietta, insegnante di 55 anni, è venuta a galla: subiva i maltrattamenti dal marito. La sua casa - stando alle indagini - era una prigione fatta di umiliazioni e offese. La violenza non era solo fisica, ma anche psicologica. A un certo punto, aveva deciso che il male fine a sé stesso non poteva andare avanti e si è tolta la vita. Solo dopo la sua morte è emerso il dramma: Luigi, il compagno di una vita, marito affettuoso apparentemente, le aveva messo le mani al collo. Non una, ma più volte.
La controllava, «le impediva di iscriversi a un corso di ballo o in palestra» e la insultava per il semplice fatto di andare a lavorare: «Tu e questo posto schifoso che hai preso, io ti avrei schiacciata sotto i piedi», le diceva. Sulla base del racconto delle sorelle di Raffaella, il magistrato Gerardina Cozzolino ha «incastrato» il marito violento. Luigi Di Fuccia, operaio edile in una ditta dell'hinterland casertano, è indagato per maltrattamenti nei confronti della povera moglie. Non c'è l'istigazione al suicidio, ma potrebbe essere il prossimo passo di una inchiesta non proprio facile. Una cosa è certa: Raffaella era al centro di una vita di sciagure a cui non sapeva ribellarsi. L'unico conforto di una finta felicità matrimoniale, erano i figli, ormai grandi, ma lontani da casa.
Era conosciuta dai suoi alunni come la «maestra dolce» dell'istituto comprensivo Aristide Gabelli in via Casanova a Napoli.
Eppure, una settimana dopo il suicidio di Raffaella, Luigi si era stracciato le vesti: «Mia moglie - disse tra le lacrime - non ha mai dato segni di squilibrio, era un soggetto ansioso, certamente, ma questo non significa che non amasse la famiglia, i figli. La nostra è stata una vita di sacrifici che abbiamo condiviso da giovani e insieme, sempre in armonia nel pieno rispetto». Qualcosa in quel racconto non quadrava e la pm Gerardina Cozzolino della procura di Santa Maria Capua Vetere si era accorta di alcune falle. Poi, un giorno, davanti alla porta del suo ufficio erano comparse le sorelle di Raffaella: il quadro era completo. Il capo della Procura, Carmine Renzulli ha sottoscritto l'inchiesta. Sullo sfondo, le immagini delle telecamere della stazione di Marcianise il giorno del suicidio. Si vede Raffaella che si alza dalla panchina e tenta una prima volta di lanciarsi sui binari, ma ha un ripensamento. Passa qualche minuto e tenta di nuovo, questa volta riuscendoci. Le immagini riprese dai cellulari finiscono sui social e i frame vengono portati alla ribalta. È un caso, ma diventa il motivo di approfondimento. Raffaella era una vittima.
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