È diventata «ufficiale» la richiesta di Rosa Amato - tesoriera di un ex gruppo criminale di Santa Maria Capua Vetere che si contrapponeva ai Casalesi, facente...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Nell'istanza, curata dall'avvocato Antonio Cassino legale che peraltro si costituì parte civile per i familiari di Carlo Amato, quando venne indagato il presunto responsabile Michele Della Gatta (poi ucciso tre mesi dopo il delitto di Carlo Amato) - si chiede di approfondire, alla luce della collaborazione di Schiavone Jr, cosa accadde esattamente quel 21 marzo del 1999; chi partecipò a quel delitto e anche chi coprì per un certo periodo di tempo l'unico soggetto ritenuto responsabile, ovvero Michele Della Gatta, che per un certo periodo di tempo fu anche latitante. Le indagini sul delitto di Carlo Amato, che sfiorarono anche un appartenente alle forze di polizia il quale svolgeva l'attività di buttafuori nel locale (poi uscito dall'inchiesta), arrivarono a Michele Della Gatta e ad altre persone coindagate ma il tutto si interruppe con l'assassinio dello stesso Della Gatta ucciso probabilmente dal tribunale della camorra, per evitare che potesse riferire fatti e circostanze. Sul punto, peraltro, l'allora deputato di Forza Italia, Mario Gazzilli presentò ben due interrogazioni al Ministro di Giustizia sia per sollecitare le indagini sul delitto, sia per chiedere perché non fossero state mai adottate misure cautelari nei confronti del Della Gatta ucciso nelle more delle indagini. Dunque, un appello circostanziato che questa volta Rosa Amato, 40 anni, una vita tormentata da studentessa di Legge a donna di camorra pentita, ha rivolto, «nero su bianco» direttamente alla Procura antimafia ritenendo che questo caso che sconvolse la sua famiglia poi diventata anti-Casalese per vendetta dovrebbe essere chiarito. La Amato, al contrario del padre, è uscita dal programma di protezione e vive oramai fuori zona ma il ricordo del delitto del fratello è sempre presente nella sua mente, come anche la fiaccolata che organizzarono alcuni amici in città all'indomani del fatto di sangue. Quella sera, infatti, Carlo peraltro karateka - era andato, insieme agli amici, a ballare al Disco Club dove era in corso il Mak P del liceo scientifico. Un istituto che frequentava anche uno dei figli di Sandokan. Fra quegli amici c'era anche una ragazza a cui forse il giovane teneva e così, per difenderla da qualche altro ragazzo che la importunava, sarebbe intervenuto: di qui la rissa e l'intervento di un branco (forse guardaspalle del giovane Schiavone) che lo rinchiusero in uno sgabuzzino accoltellandolo mortalmente. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino