Scarichi nei canali dal Tarì e Ifis, ma senza depurazione

Scarichi nei canali dal Tarì e Ifis, ma senza depurazione
Se il mare della costa Casertana si tinge di verde e diventa melma, un motivo ci deve pur essere. La Procura di Santa Maria Capua Vetere si è arrovellata per giorni e mesi...

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Se il mare della costa Casertana si tinge di verde e diventa melma, un motivo ci deve pur essere. La Procura di Santa Maria Capua Vetere si è arrovellata per giorni e mesi su questo punto e ha tentato di risalire la foce di Castelvolturno, arrivando fino a un punto in cui nei Regi Lagni finiva di tutto. E in quel «tutto» ci sarebbe anche il collettore del consorzio Asi di Caserta di località «Pozzo Bianco», nel comune di Marcianise. Il canale «riceve lo scarico di acque reflue industriali della ditta Ifis Spa (un’industria di filati sintetici) e del Tarì (il centro orafo di Marcianise)» e ha come «ricettore finale il canale idrico superficiale: il condotto Saglianico, a sua volta tributario del canale dei Regi Lagni», recita un comunicato della Procura di Santa Maria. In sostanza, lo scarico di liquidi e altro delle due aziende avviene «senza che ciò sia preceduto dal trattamento di depurazione e senza autorizzazione». L’anello che lega il mare sporco agli scarichi, gli investigatori lo stanno ancora cercando, ma sono vicini alla svolta. Perchè nel «marasma» nero potrebbero entrarci anche i Comuni.



TEMPESTA GIUDIZIARIA
Un ciclone, quello che ha scatenato la Procura che travolge le attività industriali dell’ex Brianza del Sud il cui imperativo categorico è lo sviluppo. Slegato, però, dalla tutela dell’ambiente. Al centro, c’è l’indagata principale: la presidente dell’Asi, Raffaela Pignetti. Ai lati, l’ingegnere Nicola Vitelli e l’architetto Enrico Roberto Martino che hanno ricevuto l’avviso di garanzia. Ci aveva visto bene, il capo della Procura Maria Antonietta Troncone: lei ha voluto per sé la delega per i reati ambientali. E non è un caso che il sequestro d’urgenza sia stato convalidato dal gip del tribunale. Ci avevano visto bene anche i militari della forestale di Marcianise che - nei giorni scorsi - hanno eseguito il decreto di sequestro dello scarico delle due ditte. Per gli investigatori l’Asi doveva vigilare. Ora, si procede nei confronti dei rappresentanti legali del Consorzio, ma anche per gli amministratori del Tarì e della Ifis, le due ditte che immettono gli scarti delle loro produzioni in acqua senza trattamento.


L’INCHIESTA
Le indagini hanno preso spunto dai controlli sulle immissioni di acque nel canale dei Regi Lagni a Marcianise. In sostanza, nel collettore fognario dell’Asi venivano smaltiti sia i rifiuti liquidi che industriali. Pesante l’accusa: scarico di acque reflue non autorizzato e illecito smaltimento di rifiuti. «Gli indagati - si legge nel comunicato della Procura - cooperando tra di loro, per negligenza, imprudenza e imperizia, hanno compromesso l’acqua del canale Saglianico». E infatti, dal prelievo e dalle analisi di campioni eseguiti dall’Arpac di Caserta, sono emersi valori alterati di Escherichia Coli, di azoto nitroso e di azoto ammoniacale. Per questo è stata contestata agli indagati anche la responsabilità amministrativa.


IL RISPARMIO

Per anni, sia il Tarì che l’Ifis non avrebbero pagato i costi di smaltimento di rifiuti reflui industriali. La presidente dell’Asi, Raffaela Pignetti, si difende e si dichiara «estranea ai fatti contestati». Attraverso i suoi avvocati, Lucio Cricrì e Marcello Fattore, fa sapere che «risulta iscritta nel registro degli indagati esclusivamente nella qualità di rappresentate legale dell’ente». «Nell’anno 2014 e antecedenti - si legge, infine - l’attuale presidente non era in carica». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino