Terrorismo, condannato l'imam di Aversa: preso

Terrorismo, condannato l'imam di Aversa: preso
L’imam di Aversa è stato arrestato ieri dai carabinieri del Ros di Napoli con l’accusa di aver fiancheggiato una cellula di algerini ritenuti contigui a un...

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L’imam di Aversa è stato arrestato ieri dai carabinieri del Ros di Napoli con l’accusa di aver fiancheggiato una cellula di algerini ritenuti contigui a un gruppo di combattenti finiti implicati nelle indagini che, su scala mondiale, furono avviate dopo i tragici attentati alle Torri Gemelle di New York. Yacine Gasry è stato rintracciato e arrestato, ieri mattina, dai carabinieri diretti dal tenente colonnello Gianluca Piasentin all’interno della stazione di Foggia. Il suo arresto è la conseguenza della sentenza emessa due giorni fa in Cassazione con la quale è stato condannato a 4 anni e 9 mesi e per associazione con finalità di terrorismo internazionale. È il secondo arresto che colpisce la cellula; su un totale di dieci condannati in via definitiva, mancano all’appello otto algerini. Prima di Gasry in manette è finito un altro componente del gruppo, Kamal Guendoz, arrestato a maggio scorso dal Ros ad Aversa. Gli altri sono fuggiti e probabilmente si nascondono all’estero. All’atto della sentenza in Suprema Corte, due giorni fa, nessuno di loro risultava infatti reperibile.

Processo lumaca quello che ha portato all’esito della condanna per l’imam di Aversa, predicatore della moschea di via Isonzo e personalità religiosa di rinomato spessore, spesso ospite in altri luoghi di culto in tutta Italia. Ieri, a quanto pare, era di ritorno dopo aver tenuto un discorso alla moschea di Trani. L’imam Gasry rimase implicato in una complessa indagine coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Napoli Michele Del Prete, oggi in Dna. Dopo l’11 settembre del 2001, fu accertata in Italia la presenza di diverse cellule collegate all’organizzazione terroristica algerina denominata «Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento». Il Gspc, secondo le indagini, era direttamente legato ad Al Qaeda.

Secondo l’accusa, formulata già nel 2003 e bloccata dal rigetto della richiesta di arresto nel 2004, l’imam di Aversa faceva parte di un gruppo che si occupava di fornire documenti e basi logistiche ai combattenti algerini, componenti di una struttura eversiva attiva sul territorio nazionale. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino