Tra i suoi maestri “dimenticati” annovera, con l’umiltà dei grandi, anche «la maestria di un poeta minore»: suo padre, misconosciuto autore...
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Mercoledì 8 novembre, Antonio Gamoneda sarà a Napoli: ospite dell’Instituto Cervantes che lo ha invitato a tenere una lectio magistralis intitolata «De la naturaleza de la poesía». L’appuntamento – alle ore 17.30 nell’auditorium del Cervantes in via Nazario Sauro, 23: ingresso libero fino a esaurimento posti – si preannuncia come un vero e proprio evento, introdotto dagli ispanisti Augusto Guarino e Marco Ottaiano, che coincide pure con il recente insediamento della nuova direttrice della sede napoletana dell’istituto di cultura e lingua spagnolo, Isabel Lorda Vidal, presente in qualità di padrona di casa all’incontro, organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli l’Orientale e l’Ambasciata di Spagna in Italia.
Il grande poeta ispanico torna così – in un momento di nuova tensione nel suo Paese di origine - nel capoluogo campano -che tanti e secolari legami ha con la civiltà spagnola - dopo una sua precedente partecipazione all’edizione 2001 di «Napolipoesia», che rivelò al pubblico napoletano, grazie all’impegno militante di Sergio Iagulli, il carisma di un uo talento lirico, tradotto in oltre sedici lingue e insignito di prestigiosi premi letterari: tra i quali il Premio Reìna Sofia e il Premio Cervantes, nel 2006. Ne resta testimonianza in una registrazione della voce del poeta che in quell’occasione lesse la poesia «Claridad sin descanso / Chiarore senza riposo», leggibile on line nella traduzione di Raffaella Marzano. Un “antipasto” prezioso, per prepararsi ad un incontro da non perdere, con un poeta peraltro “allergico” al telefono e alle email e propenso invece all’inattuale pratica della conversazione epistolare, come egli stesso rivela una bella intervista curata da Alberto Pellegatta e pubblicata il 1° ottobre 2013 su www.nuoviargomenti.net.
La maggior parte dell’opera di Gamoneda è raccolta nel volume Esta luz. Poesìa reunida: 1947-2004 (Galaxia Gutenberg/Circulo de Lectores, 2004), mentre in italiano sono leggibili le traduzioni integrali delle raccolte Libro del freddo (Città Nuova, 2009) e Cecilia e altre poesie (Ponte Sisto, 2012), oltre all’antologia Solo luce (Empiria, 2009). Non solo. Per i promotori dell’incontro napoletano, la poesia di Gamoneda, «rimasta originalmente coerente, lontana dalle tendenze degli ultimi decenni del franchismo, si è rivelata nel tempo una fonte di valori oggi importanti, sia sul piano letterario che umano». Ne possono essere ulteriore prova i riconoscimenti ricevuti attraverso varie stagioni della sua produzione poetica, come il Premio Castilla y León de las Letras (1985) ed il Premio Nacional de Poesía (1988). Per gli specialisti, Gamoneda è infatti figlio della maggiore tradizione poetica di lingua spagnola, che va da Luis de Gongora a Federico Garcia Lorca e da Antonio Machado a Juan Ramon Jimenez. Risale alla metà degli anni settanta, ossia dopo la morte di Francisco Franco, il suo libro capolavoro «Descripcion de la mentira»(Descrizione della menzogna) che ottenne un grande successo non solo in patria. E tra i suoi libri più recenti, «Canciòn erronea» (2012).
Ma per lasciarvi un assaggio della piena e lucida maturità di Gamoneda, in vista della sua Lectio Magistralis, ecco quanto scrive nella poesia citata sopra, «Chiarore senza riposo»:
Vidi lavande sommerse in un lago di sangue e questa visione arse in me.
Oltre la pioggia vidi serpenti infermi, belli nelle loro ulcere trasparenti; frutti minacciati da spine e ombre e fiori eccitati dalla rugiada. Vidi un usignolo agonizzante e la sua gola piena di luce.
a realtà è il mio pensiero. Sto sognando l’esistenza ed è un giardino torturato. Ma morirò. Frattanto, passano davanti a me madri incanutite nella vertigine.
Il mio pensiero è anteriore all’eternità ma non c’è eternità. Ho consumato la mia gioventù davanti ad una tomba vuota; mi sono estenuato in domande che ancora battono in me come un cavallo che galoppi tristemente nella memoria. Ancora mi aggiro in me stesso sebbene sappia che ormai cadrò nella freddezza del mio stesso cuore.
Così è la vecchiaia: ore incomprensibili, chiarore senza riposo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino