Quanti (e quali) volti ha la bellezza? Dove trovarli? E, soprattutto, è possibile - e come – raccontarli ancora, dopo il “secolo breve” dei genocidi e...
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Archeologa, fine italianista, studiosa di letteratura otto-novecentesca e già docente universitaria, saggista padovana di origini armene e romanziera divenuta autorevole “voce” del Metz Yeghèrn, il “Grande Male” del genocidio armeno - dopo il successo plamnetario del suo romanzo d’esordio La masseria delle allodole (2004), divenuto anche film dei fratelli Taviani – Arslan compie qui un passo ulteriore, nel suo incessante viaggio nella (e della) memoria: scava nei sentimenti evocati dalle sue storie armene, affollate dei destini di uomini, bambini e soprattutto donne portatrici di vita, resilienza e speranza; si interroga sul senso anche attuale della maternità, dell’amore, e sul ruolo di coesione sociale delle famiglie; immerge il lettore nella «musica delle partenze e degli addii», nei distacchi di “creature d’aria” e nei ritorni struggenti di malinconia; si pone in ascolto di quelle voci di dolore e riscatto, sofferenza e laica preghiera; ci restituisce storie, paesaggi (d’Oriente e di Occidente) e sapidi ricordipersonali che danno valore al racconto come «nostalgia, fermo coraggio, rinascita di bellezza».
E fa capire, anche, in ultimo ma non da meno, perché la passione di leggere possa essere liberatoria, vivificante, generativa e i libri persino salvifici: purché anche il lettore, come il «narratore sapiente», attivi sensi vigili e ricettivi, capaci di cogliere nella letteratura lo specchio (e il senso) della vita. Che può sempre rinnovarsi, nell’autentica scoperta dell’altro e nell’intimo equilibrio degli affetti. La bellezza sia con te, in questo senso, diventa anche una laica ma fervente preghiera. Un inno alla pace. E un antidoto dolce alle intolleranze amare e alla banale stupidità del male.
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Il Mattino