Arslan, elogio della bellezza salvifica tra ricordi e riflessioni

Arslan, elogio della bellezza salvifica tra ricordi e riflessioni
di Donatella Trotta
Venerdì 8 Febbraio 2019, 18:56
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Quanti (e quali) volti ha la bellezza? Dove trovarli? E, soprattutto, è possibile - e come – raccontarli ancora, dopo il “secolo breve” dei genocidi e degli esodi forzati, degli sradicamenti, degli abbandoni e degli esili, delle memorie negate (e dell’invisibilità) delle vittime? «C’è sempre una strada da un cuore all’altro», scrive Antonia Arslan nel suo nuovo struggente libro, La bellezza sia con te (Rizzoli, pp. 255, euro 17): molto più di un memoir, di un saggio o di un romanzo; semmai, un originale zibaldone di pensieri e racconti tessuti come la trama e l’ordito di un prezioso tappeto orientale. Quasi una summa, che condensa - e distilla, attivando tutti i sensi con i suoi sapori, odori e colori speziati - l’essenza di una infaticabile ricerca (interiore, esistenziale, culturale, storico-umanistica), in una sapiente mescolanza di registri linguistici e stilistici, di temi e storie (personali e collettive) congeniali all’autrice tra poesia e prosa, pensiero poetante e narrazione lirica, classici della letteratura, dati storici e leggende, fato collettivo di popoli e quotidiani destini individuali incrociati.

Archeologa, fine italianista, studiosa di letteratura otto-novecentesca e già docente universitaria, saggista padovana di origini armene e romanziera divenuta autorevole “voce” del Metz Yeghèrn, il “Grande Male” del genocidio armeno - dopo il successo plamnetario del suo romanzo d’esordio La masseria delle allodole (2004), divenuto anche film dei fratelli Taviani – Arslan compie qui un passo ulteriore, nel suo incessante viaggio nella (e della) memoria: scava nei sentimenti evocati dalle sue storie armene, affollate dei destini di uomini, bambini e soprattutto donne portatrici di vita, resilienza e speranza; si interroga sul senso anche attuale della maternità, dell’amore, e sul ruolo di coesione sociale delle famiglie; immerge il lettore nella «musica delle partenze e degli addii», nei distacchi di “creature d’aria” e nei ritorni struggenti di malinconia; si pone in ascolto di quelle voci di dolore e riscatto, sofferenza e laica preghiera; ci restituisce storie, paesaggi (d’Oriente e di Occidente) e sapidi ricordipersonali che danno valore al racconto come «nostalgia, fermo coraggio, rinascita di bellezza».

E fa capire, anche, in ultimo ma non da meno, perché la passione di leggere possa essere liberatoria, vivificante, generativa e i libri persino salvifici: purché anche il lettore, come il «narratore sapiente», attivi sensi vigili e ricettivi, capaci di cogliere nella letteratura lo specchio (e il senso) della vita. Che può sempre rinnovarsi, nell’autentica scoperta dell’altro e nell’intimo equilibrio degli affetti. La bellezza sia con te, in questo senso, diventa anche una laica ma fervente preghiera. Un inno alla pace. E un antidoto dolce alle intolleranze amare e alla banale stupidità del male.
 
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