Tutti pazzi per Artemisia Gentileschi. Dall'Inghilterra agli Usa, dove la sua figura è sempre più spesso al centro di saggi e romanzi, fino all'Italia...
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L'esposizione, fortemente voluta dall'arcivescovo milanese Mario Delpini in collaborazione col vescovo di Pozzuoli Gennaro Pascarella, è curata da Nadia Righi, direttore del museo Martini e da Roberto Della Rocca, direttore dell'ufficio Beni culturali della diocesi puteolana.
«Sarà riprodotto nelle sale milanesi, con una serie di teli garzati, il duomo di Pozzuoli», racconta la curatrice Nadia Righi: «Si tratta di una suggestione che aiuta il visitatore ad avvicinarsi all'architettura dell'edificio puteolano, unico nel suo genere».
La tela di imponenti dimensioni (310×206 cm), fa parte di un ciclo decorativo realizzato per la cattedrale flegrea grazie alla commissione del vescovo spagnolo Martìn de Lèon y Cardenas. Che, dopo il 1631, anno dell'eruzione del Vesuvio che risparmiò la città puteolana, decise di abbellire il duomo col contributo dei migliori artisti del tempo gravitanti su Napoli. Ad Artemisia furono quindi affidate tre tele (oltre all'«Adorazione dei magi», i «Santi Procolo e Nicea», e «San Gennaro nell'anfiteatro») che portò a termine fra il 1635 e il 1637, anno della sua partenza per l'Inghilterra.
I dipinti di Artemisia si andarono così ad aggiungere ad altre pregevolissime tele eseguite da Massimo Stanzione, Giovanni Lanfranco, Cesare Fracanzano. Arrivata da poco a Napoli, la Gentileschi fu immediatamente incaricata dell'esecuzione del quadro sui magi, poco dopo aver ricevuto la commissione di un'altra grande opera, l'«Annunciazione», oggi a Capodimonte. Oltre a essere la sua prima importante commissione pubblica, l'«Adorazione dei magi» rappresenta il massimo riconoscimento della sua carriera. In questo dipinto Artemisia elabora la lezione caravaggesca alla luce dei nuovi contatti con gli artisti napoletani: la sua predilezione per una gamma cromatica essenziale, risolta sulle variazioni dei toni marroni, rossi, blu e gialli si associa alla straordinaria attenzione per la verità delle cose. «L'artista veniva da una situazione personale non facile», spiega la Righi: «Proprio per questo scelse di lasciare Roma e di venire a Napoli, all'epoca una delle città più grandi d'Europa e con un grande fervore artistico. Qui a Napoli ebbe la sua consacrazione pubblica. Il vescovo di Pozzuoli scelse proprio lei, donna e vittima di uno stupro, insieme a importanti artisti napoletani, per dipingere quadri destinati in una chiesa, il duomo puteolano, a oggi l'unico edificio sacro a custodire opere di Artemisia». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino