Luca Ricci (Twitter: @LuRicci74) “Lettere agli editori” (Quodlibet, pag. 250, 19,00 €, a cura di Martina...
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“Lettere agli editori” (Quodlibet, pag. 250, 19,00 €, a cura di Martina Cardelli) raccoglie le comunicazioni scritte avvenute tra Louis-Ferdinand Céline e i suoi principali referenti editoriali, in un tempo in cui le case editrici erano ancora di un unico proprietario e gli agenti letterari non erano sopraggiunti come figure di intermediazione (ma anche di allontanamento tra lavoro creativo e lavoro imprenditoriale). Céline- e tutti gli scrittori della prima metà del novecento insieme a lui- ha avuto il lusso di potersi rivolgere direttamente ai suoi “principali”, e spesso i toni non sono stati affatto concilianti. In effetti il tratto distintivo di queste lettere è che si presentano come un manuale antiretorico rispetto ai rapporti che in genere vengono a crearsi tra chi scrive e chi pubblica (dove il primo è sempre tenuto sotto scacco dal secondo). In Céline non c’è mai quella cortesia puramente formale che in realtà nasconde una sorta di subalternità dello scrittore all’editore, e men che mai c’è quel romanticismo (in buona fede) che ha fatto da cornice a più di un sodalizio editorial-letterario (si pensi ai rapporti tra Franz Kafka e Kurt Woolf, o a quelli tra Albert Camus e Michel Gallimard). Céline tratta i suoi editori sostanzialmente come impostori, le sue comunicazioni scritte partono sempre dal presupposto che l’editore sia una specie di truffatore che troverà il modo di fregarlo.
Così nel 1933 scrive al suo primo editore Robert Denoël: “Caro amico, se non mi sta derubando non è conforme alla mia visione degli uomini e delle cose.
Il Mattino