«Noi Puffi siam così, noi siamo Puffi blu, puffiamo su per giù due mele o poco più...»: un tormentone la sigla, cantata da Cristina D'Avena,...
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Un percorso inedito e divertente, una full immersion nel mondo di Puffolandia: in esposizione giornali rari dagli archivi della Fondazione Franco Fossati, tra cui l’originale del numero di Spirou “La flûte à six schtroumpfs” (Il flauto a sei puffi) e i numeri di Tipitì (1963) con la prima apparizione italiana ancora col nome di Strunfi (troppo simile ad una parolaccia e trasformato in Puffi) fino alle storiche storie pubblicate sui volumi cartonati e sul Corriere dei Piccoli dal 1964 e l’omaggio de Il Giornalino per i 50 anni con un racconto ambientato a Milano e la performance di piazza Duomo invasa da puffi in plastica bianca da colorare a piacimento. Tante le curiosità e qualche riflessione. Dietro all'universo magico dei Puffi col loro cappuccio bianco che ricorda il berretto frigio della Rivoluzione francese si nasconderebbe un messaggio politico? E Grande Puffo col suo copricapo rosso incarnerebbe Marx? O l'azzurro è, invece, un rimando alla massoneria? Poco importa, il messaggio è quello dell'eterna lotta dell'umanità tra bene e male e, soprattutto un inno alla fantasia. Peyo muore nel '92, lasciando dietro di sé sedici fumetti e piccoli eroi, che furono portati dal figlio Thierry nello studio Imps alla periferia di Bruxelles. Ma la lunga storia d'amore continua. E, ancora oggi, attraverso i caratteri delle sue simpatiche creaturine, possiamo identificarci, sorridendo delle nostre manie e imbevendoci della loro essenza di felicità. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino