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Christian Boltanski, morto all'età di 76 anni, era un colosso dell’arte contemporanea. Un maestro della memoria e del rimpianto, capace di trasmettere grandi emozioni. Tre anni fa il Centro Pompidou gli aveva dedicato una grande mostra, e lui, schivo com’era, non voleva proprio parlare di una retrospettiva interamente dedicata a lui. Si definiva un pittore, ma era soprattutto noto per le sue installazioni. Il tema della perdita e della morte erano per lui i temi chiave: la sua arte era fatta di ombre, di luci tremolanti, di frammenti di vita.
Al poliedrico artista francese Christian Boltanski laurea ad honorem a Bologna
Lo scorso Giorno della Memoria, il 27 gennaio, aveva eretto un Altare presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, un prestito del Mart di Rovereto.
«Un artista eccezionale - commenta il sindaco di Bologna, Virginio Merola - che ha saputo rappresentare la strage di Ustica nell'installazione permanente al Museo della Memoria: un'opera che non permette di essere indifferenti rispetto a quella tragedia che è costata la vita a 81 persone. Il suo rapporto con l'Associazione dei parenti delle vittime era autentico e profondo». Boltanski, in quella occasione aveva anche ricevuto la laurea ad honorem in scienze storiche e orientalistiche dall'Università di Bologna. «So che teneva molto a questo riconoscimento, assolutamente meritato. Lo piangiamo con l'affetto che merita una persona che ci ha dato così tanto».
Boltanski era nato il 6 settembre 1944, da padre ebreo di origine ucraina e madre corsa. Fratello del sociologo Luc, era sposato con un’altra artista, con la quale ogni tanto collaborava, Annette Messager, e con la quale viveva a Malakoff, nella regione dell’Île-de-France. La sua infanzia fu segnata dall'orrore della Shoah. A fare la sua fortuna nel mondo intero sono state soprattutto le installazioni in cui mischiava angosce, emozioni e ricordi.
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Il Mattino