In fondo, Toty Ruggieri questo libro lo doveva a Salvio Cusano, con cui il progetto era nato, a Frank Diana, che pure se n’è andato, a tutti noi che c’eravamo e...
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L’officina post-industriale in via cavone San Gennaro dei poveri, in piena Sanità fu l’urlo disperato di una generazione che non credeva più nella rivoluzione e stava per soccombere tra eroina e Aids, ma che sapeva sognare ancora come trasformare la cabina di un tir in una postazione da dj, come rubare il nome di un locale a David Bowie, come usare quelle grotte di tufo per farsi: di musica, di sesso, di vita, ancor prima che di qualsiasi droga possibile.
Negli anni d’oro del neapolitan power c’era chi era già oltre. Lunedì 11 giugno 1984 l’inaugurazione, con la no wave dei Bisca, il sax funky-isterico di Sergio Maglietta, le selezioni di Gigi «la nuit» D’Aria, passato da Autonomia Operaia ai Talking Heads. Toty c’era e i suoi occhi e la sua macchina raccontano il ‘77 finito in ritardo, la fantasia al (contro)potere, la controcultura come pratica notturna quotidiana, i concerti dei Jazz Butcher, dei Gang, dei Not Moving con la sexy lady Lilith oscuro oggetto del desiderio, dei Christian Death, dei Living in Texas, delle selezioni di Enzo Casella. Alla Napoli di Lucio Amelio, Warhol & Beuys rispondeva la Napoli di Falso Movimento, dei punkettini e delle signorinelle darkpallide, di Zerbino che una notte rimase chiuso dentro il D.D., di Gigi Plasma che oggi sembra che si occupi di moda a Berlino, di Salvatore Magnoni che poi ha provato a vendere dischi e poi ancora ha scelto di produrre vino, di Tonino Piccolone e di Leopoldo che venivano da Segnali di Accelerazione (storico centro sociale di Acerra), di Alessandra, Stefania, Luca, Franco il rosso, Salvatore, Gennaro da Piscinola...
Robe da officine post-industriali nel ventre di Napoli, robe incredibili, da sogno, da incubo. Da Diamond Dogs. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino