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C'è un momento in cui Ercole, il protagonista di Penelope e le altre, incontra la sua coscienza nelle vesti di Isabella, la specialista di editing a cui ha affidato la prima lettura del suo romanzo. Allora si trova a fare i conti con la verità della sua vita. «L'Amore, Ercole, l'Amore dove sta? Giri intorno a pensieri sublimi, descrivi incantesimi, suggestioni, desideri, frustrazioni e incantesimi dei sensi Ma non c'è Amore. Non soffri. Non c'è il sangue. Non c'è mai un darsi pieno e cieco. Racconti la ferocia di un possesso e la sospensione nell'attesa del prossimo incontro Ma non ci sei dentro. Che tutta quella roba ci sia o no, si sente che per te è la stessa cosa. Che cosa ti manca veramente, Ercole? Che cosa ti fa stare male?», gli dice lei impietosa e si capisce come l'inappellabile giudizio non riguardi soltanto il testo di Dieci Comandamenti Note di viaggio nei sentimenti necessari titolo provvisorio e assai programmatico del libro che le è stato sottoposto in visione.
Un po' più avanti lui, passando accanto alla struggente architettura di Palazzo a Donn'Anna, avrà la rappresentazione plastica di ciò che in realtà egli è, come quell'antico palazzo «mai compiuto e con l'aria dell'abbandono, della rassegnata decadenza, testimone impassibile del fermento del Golfo»: quel giudizio e quell'immagine gli faranno tornare alla mente le parole del suo amico pescatore, un vecchio saggio che gli ricordava il padre: «Sembri fiamma, ma sei un fiammifero Bruci tutto e consumi tutto senza riguardi. Peccato per te, resterai solo!».
A questo passaggio del romanzo di Ercole C.
Ha alle spalle esperienze avventurose e strabilianti come quelle di un signor Kéraban uscito dalle pagine di Verne che si è mosso dalla sua Napoli per trasferirsi a Milano, introdursi nel mondo dei giornali da via Solferino a via Chiatamone, intrecciando leggendarie gesta di redazione e l'epica dell'inviato dalla Via della Seta agli scenari di guerra in racconti che hanno la partecipazione di collaudati e familiari profili di colleghi e proti o di figure straordinarie come George Simenon, Attilio Micheluzzi, Mario Del Monaco, Oprah Winfrey. Fino al ritorno nella sua città: se questa appare l'Itaca a cui tendere, il luogo dell'armonia che comunque e nonostante tutto il padre e la madre avevano saputo costruire, le Penepoli sono sparse per il mondo, declinazioni multiple della bellezza raffinata e sensuale di Grace Kelly: la donna dei suoi sogni, l'archetipo femminile a cui provare a ricongiungersi, l'icona pura che pareva irraggiungibile prima di incarnarsi nei tratti di Arielle.
Poi, quando Ercole consegna le bozze del libro a Isabella, arriva lo svelamento e il romanzo si piega ai moduli della narrativa speculare, in un meccanismo che rimanda da pagina a pagina, alla maniera degli specchi rifrangenti la scomoda e ingombrante verità: l'autore che dietro lo pseudonimo scrive il romanzo di sé in cui il suo alter ego proprio raccontandosi giunge a maturare un sufficiente grado di consapevolezza. Penelope e le altre si propone, allora, come una narrazione di formazione che porta Enrico C. di Savignano a raggiungere l'equilibrio dell'intimità nell'emozione sono le parole che negli squarci di lucidità, nelle pieghe di una sorta di itinerante seduta analitica adopera che dalla spensierata giovinezza e dal disincanto dei giorni conduce a completare la costruzione della sua identità. Spogliandosi dei panni che ha rivestito nella recita della vita e lasciandosi l'estremo travestimento di uno pseudonimo.
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