L'immagin/azione di Amodio e Del Vecchio reinventa il mito del Mediterraneo

L'immagin/azione di Amodio e Del Vecchio reinventa il mito del Mediterraneo
Un mare che unisce e divide, accoglie e respinge, culla di civiltà e tomba di migranti. Ma che succederebbe se – ben oltre gli attuali scontri politici sul tema degli...

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Un mare che unisce e divide, accoglie e respinge, culla di civiltà e tomba di migranti. Ma che succederebbe se – ben oltre gli attuali scontri politici sul tema degli sbarchi – si provasse a cambiare sguardo, capovolgendo la visione del Mare Nostrum in Medi/Terraneo? Ovvero, se si scorgesse (cartina geografica alla mano) un’unica grande isola (accogliente, pacifica) in mezzo al mare, laddove ora c’è l’acqua?


A reinventare con affascinante maestria tecnica - e assoluta originalità di sguardo - il mito del Mediterraneo, con alcuni siti e leggende dei suoi popoli, esplorandone così le paure più profonde, i desideri e la sete di conoscenza, sono due giovani artisti e graphic designer napoletani, Marino Amodio (classe 1989, architetto e autore dei testi, alla sua opera prima) e il coetaneo Vincenzo Del Vecchio (compagno di studi, illustratore indipendente e autore delle magistrali tavole, dopo essersi laureato ricreando per immagini Le città invisibili di Italo Calvino), in uno splendido albo illustrato dal non casuale titolo Terraneo (Gallucci, pp. 48, euro 18), frutto del loro amichevole sodalizio umano e professionale.

Un’opera notevole, che anche nell’avventura della sua pubblicazione ha ribaltato percorsi convenzionali: pubblicato infatti prima in Spagna, da Editorial Luis Vives di Saragozza - dove ha vinto il Premio Internacional Álbum Ilustrado Edelvives 2017 - è poi approdato in Italia grazie all’acume (e alla consueta cura grafica) di Carlo Gallucci. Proprio come il mondo capovolto che i due autori raccontano nel libro: spaziando da un inedito volto di Gibilterra alla città immaginaria di Scillacariddi, da Venezia in forma di pesce (nell'immagine sopra) al Cairo come una superba Torre di Babele con le sue dita di una grande mano protesa verso l’alto; e da Atene raffigurata come Poseidone fino a Istanbul ritratta nel girotondo di tre donne di diversa etnia nell’acqua marina.


«C’è stato un tempo – è l’incipit di questa fiaba visionaria – in cui una sola terra univa le coste del Mediterraneo», percorse in «lunghi e continui» cammini da molti viaggiatori in costante dialogo interrogativo con quel grande mare intorno all’isola di Terraneo. E fu solo per soddisfare l’«umano desiderio  di conoscenza», sfidando la paura, che «l’acqua prese il posto della terra e la terra il posto dell’acqua». Ma nella memoria ancestrale dei suoi abitanti resta il viaggio. E il sogno di libertà. Un libro magnifico: potente e poetico veicolo di bellezza e pensiero divergente, arte e immaginazione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino