La guerra del Peloponneso rivive in "Pòlemos" di Gianfrancesco Turano

La guerra del Peloponneso rivive in "Pòlemos" di Gianfrancesco Turano
Un romanzo storico ambientato durante la guerra del Peleponneso. Si chiama “Pòlemos” (Giunti) e lo ha scritto Gianfrancesco Turano, viene presentato sabato 24...

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Un romanzo storico ambientato durante la guerra del Peleponneso. Si chiama “Pòlemos” (Giunti) e lo ha scritto Gianfrancesco Turano, viene presentato sabato 24 settembre alle 18 alla libreria The Spark di Napoli. La storia è raccontata puntando il fuoco della narrazione, di volta in volta, sul punto di vista o l’io narrante di uno dei tre personaggi principali: Mirrina, ateniese, o meglio abitante dell’Attica presa in schiava dagli spartani e in fuga verso la sua patria; Procle, diciottenne spartiate che ha appena finito l’agoghè, il lungo periodo di formazione militare che prevede un ultimo anno di sopravvivenza in solitaria, tra boschi e montagne; infine Milone, attore e drammaturgo in cerca di fama e di cittadinanza che viene dalle colonie italiane, giunto ad Atene per farsi finanziare un lavoro teatrale. È uno dei momenti più drammatici del conflitto tra Atene e Sparta: il loimòs, il morbo, ovvero la peste sta decimando la gloriosa città governata da Pericle e tutta la vicenda è immersa, tra guerra e pandemia, in un clima da fine mondo, di decadenza fisica, materiale e morale.

I protagonisti sono gli unici a lottare per un avvenire o per lo meno per dare un senso alle proprie esistenze nel tramonto di una fase che aveva portato nell’attuale capitale greca i massimi esponenti di filosofia, arte e scienza, tra architetture maestose e modelli di governo d’avanguardia: “Atene, faro dell’Ellade, sarà maestra dei greci liberati dai regimi dove non il merito personale ma la ricchezza della nascita decidono chi governa e rendono impossibile l’uguaglianza nella legge”. Ma questo tempo è già andato. Accanto ai giovani Mirrina e Procle, all’inizio ostili – riflettono in qualche modo le proprie origini - ma poi vicini per darsi sostegno nel caos o peggio nella stasi, la fase di crisi che prepara ai nuovi assetti di potere, girano rappresentanti di umanità varia: due sorelle dal nome omerico, Briseide e Criseide, Learco, anziano oligarca ricco e corrotto, Xantia, manesco e gigantesco carrettiere, Cleide, la bellissima moglie di Learco.

Un’operazione, quella di Turano, nata probabilmente durante il primo lockdown quando sulle pagine online dell’Espresso, di cui è cronista di inchiesta e inviato speciale, e dal forum “Ragù di capra” che tiene da anni, pubblicò degli approfondimenti sulle varie epidemie della storia. La narrazione è condotta con stile ipnotico, confonde certi colori del linguaggio con i registri grecoantichi in una notevole prova di mimesi, di resa “à la” Omero, che recupera e fa brillare, in fondo, un proprio stile peculiare: lo stesso che i lettori hanno conosciuto in vari libri, da “Contrada Armacà” a “Salutiamo, amico”, l’affabulazione e il piacere di narrare, definitivamente magnogreci, che proprio quando stanno per apparire barocchi si rivelano invece in levare, nella scultura della frase e del periodo, nella definizione della sequenza e del modo migliore per raccontarla: “Procle mi ha tolto di mano il bastone e lo ha seguito come il lupo segue un cervo, che la muta ha già ferito, con zampe prudenti, i denti chiusi e le labbra retratte in modo che l’aria possa entrare nei polmoni senza rumore”.

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Il Mattino