Lettere, Leopoldo Carra racconta l'amicizia tra Jack Kerouac e Allen Ginsberg

Leggi una pagina e già sei dentro il mondo della beat generation

Jack Kerouac e Allen Ginsberg
Si scrivono lettere lunghissime mentre sotto l'effetto di canne, anfetamine, efedrine e quasi qualsiasi sostanza stupefacente, e parlano di Shakespeare, dei loro debiti, del...

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Si scrivono lettere lunghissime mentre sotto l'effetto di canne, anfetamine, efedrine e quasi qualsiasi sostanza stupefacente, e parlano di Shakespeare, dei loro debiti, del jazz di Charlie Parker e Cecil Taylor, del Sutra del diamante e dei Discorsi di Buddha, si ubriacano, Jack finisce in carcere per favoreggiamento perché aiuta un amico omosessuale a gettare il pugnale con cui l'amico ha ucciso l'amante, leggono poeti cinesi dell'epoca T'ang e Milton, girano l'America da una costa all'altra, non si sa bene come vivano, Allen è un ebreo omosessuale che studia la metrica elisabettiana mentre si sbronza e si droga, Jack è un cattolico ubriacone con il culto per le droghe e per Santa Teresa di Lisieux e San Francesco e scrive libri senza punteggiatura, Allen fa di tutto per far pubblicare i molti libri che Jack scrive e pubblica il poema Urlo mentre si infiamma per i suoi amori omosessuali, Jack non riconosce i figli ed è lasciato da ragazze e mogli mentre scrive il romanzo Sulla strada che è rifiutato come gli altri suoi libri per sette anni da tutti gli editori ma poi diventa un best-seller, Jack e Allen vanno a Tangeri a battere a macchina Il pasto nudo che il loro amico Borroughs ha scritto a mano, sono amici di Gregory Corso Lawrence Ferlinghetti e Paul Bowles e parlano di Spillane Spinoza Bud Powell Lao-Tzu Verlaine e Sinatra, Jack sostiene la spontaneità totale nello scrivere e usa un rotolo di carta per non interrompersi a cambiare foglio, Allen torna sui versi scritti in stato di trance e li rivede all'infinito, sono gli anni tra il 1944 e il 1963 e Jack e Allen sono Kerouac e Ginsberg: ed è appena uscito un libro di seicento pagine dei due intitolato Lettere, tradotto con autentica bravura da Leopoldo Carra e pubblicato negli Oscar Moderni.

Leggi una pagina e già sei dentro il mondo della beat generation, e scopri presto che queste lettere hanno un fascino spesso superiore alle opere degli autori, un fascino che consiste nel fatto che una vita quotidiana di scopate sbronze lavoretti sotterfugi e mommies si intreccia strettamente alle ossessioni della letteratura: tutto in un calderone continuamente traboccante di panni sporchi, frasi casuali o perfette, idee brillanti o dementi, vita e morte.

Io penso che la differenza di livello letterario tra Ginsberg e Kerouac sia grande: il solo libro di Kerouac in cui si sente vivere il suo amato jazz sono le scarse centocinquanta pagine di I Sotterranei, mentre invece l'opera poetica di Ginsberg è una delle opere centrali della poesia del Novecento. Ma in queste lettere quello che conta è la pratica di uno scambio perenne di idee e di letteratura che fluisce dall'uno all'altro in un grande gioco serissimo, in cui ci si apre per accogliere qualsiasi suggerimento e qualsiasi critica; quello che conta è la scrittura come forma del vivere a cui non si può rinunciare, vitalissima anche se solcata da presagi di morte; quello che conta è il continuo cercare di andare oltre, di cercare il nuovo stando immersi fino al collo nella realtà dell'epoca: con la grande utopia della scrittura, sospinta e accesa da Buddha o dalla droga è indifferente, che vuole liberarsi dalle censure dell'ego e della stessa letteratura.

E il lettore di oggi è toccato e quasi commosso da questo inseguimento frenetico del beat, il battito metrico-ritmico del jazz che viene eletto a guida per lo scrivere, un inseguimento selvaggio e spessissimo fallito ma che, quando è riuscito, aggiunge qualcosa di nuovo all'arte della letteratura. Si tratta di qualcosa di profondamente idiomatico e americano, come del resto il linguaggio poco traducibile sia di Kerouac sia di Ginsberg, poco traducibile nel senso che mancano in italiano i corrispettivi delle «realtà» di cui parlano questi scrittori, e Sulla strada non traduce affatto On the road perché l'italiano non ha le distanze, le highway, le grandi automobili e tutto il resto, e perché vagabondo non è né hobo né tramp.

Eppure proprio da libri come queste lettere tra Kerouac e Ginsberg arriva a noi una diversa «traduzione» delle loro opere, un aiuto a immaginare una realtà che tra l'altro non esiste più, e soprattutto la realtà di una letteratura vissuta con i pori allucinati ma aperti e le menti scardinate ma apertissime, non da soli ma con gli altri artisti, contro e insieme, in amicizia e in dissidio: ma ancora come se la letteratura fosse una questione di vita o di morte per una società, sia pure piccola. E chi avrà il coraggio di dire che oggi la letteratura è una questione vitale per una società come questa? 

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Il Mattino