Che genere di memoria coltiviamo, per generare futuro? E quale genere di futuro sostenibile immaginiamo, mentre percorriamo il ponte del presente che collega le due sponde del...
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Una selezione significativa di questi scatti sarà esposta, fino al 30 marzo (orari: dal lunedì al venerdì, ore 9.30-19.00) in una mostra fotografica collettiva e itinerante che si inaugura il 20 marzo alle ore 12 presso la sede del Consiglio regionale a Napoli (centro direzionale, isola F13, piano terra, area Biblioteca Delcogliano) e che si intitola non a caso «Fotografia di una storia: 1968-2018. Femminismo e movimenti delle donne a Napoli e in Campania». Curata da Luisa Festa e promossa dal Consiglio regionale della Campania, Commissione Pari Opportunità, Consulta regionale femminile e Osservatorio sul fenomeno della violenza sulle donne, la mostra passa infatti in rassegna mezzo secolo di lotte sulla irrisolta questione femminile attraverso una sequenza di una cinquantina di foto che illustrano diverse stagioni di impegno femminile e femminista all’ombra del Vesuvio. Metà del corpus in mostra è firmato da Festa, integrato da ulteriori immagini provenienti da altri Archivi fotografici di Cgil Campania, Press Foto, Mensa Bambini Proletari, Tre Ghinee/Nemesiache, Udi di Napoli, Madrigaleperlucia, Associazione Inmovimento di Salerno. «Perché lo spirito di questa iniziativa – spiega la curatrice – è quello di un lavoro in progress volutamente corale, per dare il senso di una continuità della partecipazione delle donne a manifestazioni per la richiesta di diritti e di libertà, filo conduttore della mostra. Una esposizione che parte da un nucleo di 25 mie foto, quasi tutte in bianco e nero, per chiudersi non a caso con le immagini a colori dei movimenti più recenti, da “Se non ora, quando?” a “Non una di meno”, contro l’aumento esponenziale di femminicidi. E in ogni tappa delle prossime sedi campane – aggiunge Festa – la mostra si arricchirà di nuove testimonianze documentarie dei singoli territori interessati».
Con la curatrice, saranno presenti all’inaugurazione napoletana le attuali Presidenti degli organismi Natalia Sanna, Simona Ricciardiello, Rosaria Buno, la consigliera regionale delegata alle pari opportunità, Loredana Raia, e la Presidente del Consiglio Rosetta D'Amelio. L’iniziativa si avvale anche di un comitato tecnico-scientifico di tutto rispetto, composto da Maria Argenzo, Laura Capobianco, Giuliana Esposito, Maria Vittoria Montemurro e Ilaria Perrelli, che sottolineano: «Abbiamo scelto di mostrare attraverso le immagini le fasi importanti dei movimenti a Napoli e in Campania ben consapevoli che si tratta di una scelta che lascia fuori altri momenti, altrettanto importanti. Il femminismo infatti, dovunque nel mondo, non è un percorso lineare che procede diritto per la sua strada, a volte sembra perfino inabissarsi assumendo l’andamento di un fiume carsico, ma procede inarrestabile, perché coinvolge i corpi e le menti, gli individui e le singolarità, gli uomini e le donne, le relazioni tra le generazioni, le forme della socialità e del potere. E allora cercheremo di mostrare come tutto ciò ha cambiato e continua a cambiare la nostra società, un lavoro in progress di ricerca, di documentazione e di coinvolgimento, per arrivare ad un quadro articolato e comprensibile della nostra storia, della storia delle donne ma anche degli uomini e di come e se gli apparati, le relazioni sociali, si sono fatti attraversare dal pensiero e dalla libertà femminile nella nostra Campania».
Per queste ragioni, il percorso della mostra segue un andamento cronologico, a testimoniare di volta in volta le fasi salienti della lotta, ma «va anche ricordato - sottolinea ancora il comitato - che nessuna delle tematiche è stata mai abbandonata, man mano che altri spazi di libertà si aprivano e il “diritto di avere dei diritti” diventava più consapevole e più cogente, come viene spiegato in sintesi attraverso le didascalie che accompagnano le foto». Già. Lo testimonia anche l’esergo di Lucia Mastrodomenico, scelto per la locandina della mostra: «Le donne non sono tutte uguali; percorsi di crescita, le forme rappresentative, la memoria storica, sono diversi per ognuna di noi. Ciò nonostante sappiamo per esperienza che i conflitti per le diverse appartenenze sono per noi una risorsa utile, non solo per andare avanti, ma per far sì che il nostro lavoro non produca mai la riduzione ad un’unica voce, pensiero, progetto». E il pensiero della differenza, malgrado tutto, può fare – ancora – la differenza. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino