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Nel 1934 un bambino, Mimmo, nasce a Napoli, ai gradini Vita del rione Sanità; suo padre Mario, ricco di famiglia, dopo una «fuitina» ha sposato Anna, bella però di umili origini, e per questo è diseredato dal padre; Mario e Anna sono protetti dal prete zio Luigi, fratello anche lui ricco del padre di Mario, zio che aiuta il giovane colto a fare una casa editrice; ma Mario muore nel 1939 lasciando quattro figli e la moglie, e muore anche lo zio senza testamento, lasciando erede il padre di Mario; che per non farsi giudicare male dalla gente, trova un posto per la famigliola nel suo palazzo, dove però il piccolo Mimmo con mamma e fratellini cresce da parente povero, mentre i cugini sono principini ben vestiti con giocattoli lussuosi, finché poi, senza finire la scuola, come capita ai poveri, Mimmo va a lavorare e...
E così, riassunto alla meno peggio, che comincia non un romanzo d'appendice stile Mastriani ma Saldamente sulle nuvole, un selfportrait di Mimmo Jodice scritto con Isabella Pedicini e pubblicato da Contrasto, autoritratto di quel grande artista della fotografia che è Mimmo Jodice.
Il romanzo della vita di Jodice continua, con lui che fa il rappresentante di libri e il pittore e si innamora, riamato, di Angela, una studentessa di lingue anche lei povera, e la sposa; e con Angela che è come un altro sé stesso, scopre e si innamora della fotografia, frequenta il Pci e spera in un mondo più giusto per tutti, lavora molto come rappresentante e a un certo punto potrebbe fare una vita comoda, quando Angela decide che Mimmo non può morire strozzando in sé l'artista, e, pur avendo tre figli e uno stipendio da insegnante, lo spinge a licenziarsi e a dedicarsi alla fotografia: finché, dopo due tre anni durissimi ma in cui «ci sentivamo giovani e belli», la situazione comincia, lentamente, a cambiare, e lui, che non ha mai voluto lasciare Napoli, diventa un fotografo famoso nel mondo.
Nel tono di Saldamente sulle nuvole si sente la grana della voce di Mimmo, e dentro la sua quella della moglie Angela, che narra con ironia, tenerezza e passione vicende e persone che sono un ritratto di un'Italia tra i Sessanta e i Settanta che oggi sembra un sogno vietato.
Mimmo Jodice non ha «usato» l'immaginazione, ma se ne è fatto abitare, e per questo è riuscito a rappresentare la povertà, la follia e la solitudine vibranti di oscure fiamme di vita, facendo affiorare in loro non la miserabile bellezza dell'estetismo, ma la bellezza difficile e sempre in bilico della verità. Non ha mai smesso di credere che il mondo potesse cambiare come pensava da giovane, e la sua arte lo dice secondo un alfabeto ogni volta imprevedibile, nuovo: ed è una consolazione per chiunque non voglia essere un morto vivente, in un mondo con le bende sugli occhi e quindi sulla mente, imparare a leggere il suo alfabeto amorosamente, misteriosamente ribelle.
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