«Napoli è la capitale del thriller made in Italy», parola di Lucarelli

Ultima giornata del "Festival del giallo" al Grenoble

Carlo Lucarelli
In principio fu Francesco Mastriani con Il mio cadavere, anno 1851, molto prima che Conan Doyle creasse ufficialmente il filone della letteratura criminale; dopo ci sono stati...

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In principio fu Francesco Mastriani con Il mio cadavere, anno 1851, molto prima che Conan Doyle creasse ufficialmente il filone della letteratura criminale; dopo ci sono stati Matilde Serao, Attilio Veraldi che «scoprì» il racconto della camorra, Giuseppe Ferrandino, oggi c'è Maurizio de Giovanni. Napoli città del noir? In questi giorni all'istituto Grenoble si tiene la seconda edizione del «Festival del giallo», oggi in chiusura. E sotto il Vesuvio sbarcano i maestri del genere: Donato Carrisi, Carlo Lucarelli, Sandrone Dazieri, e poi Gabriella Genisi, Gaetano Savatteri, Alessia Gazzola, Roberto Costantini. Chi meglio di loro può dire se qui, tra Scampia e i Quartieri spagnoli, tra realtà e finzione (anzi fiction), tra «Gomorra» e «Mare Fuori», può svilupparsi una metropoli in giallo?

«Non c'è dubbio che Napoli si presti molto ai registri crime, noir, al thriller. Napoli è un mondo, chi scrive da qui è fortunato», dice Carrisi: «Io ho un debole verso Napoli e il Napoli, sono un tifoso della prima ora degli azzurri». Lo scrittore-regista, autore di best seller da Il suggeritore a La casa delle luci, che al cinema ha diretto Toni Servillo e Jean Reno nella trasposizione di «La ragazza della nebbia», ricorre a un paragone col grande schermo per sottolineare il concetto: «Sono un fan di "No grazie il caffè mi rende nervoso" con Lello Arena e Massimo Troisi. Un film simbolico di quanto a Napoli si possa costruire un thriller anche con ingredienti altri, come la comicità. Le risate a crepapelle causate da Troisi nella stanza d'albergo, perseguitato dal maniaco, sono rovesciate dal finale letteralmente agghiacciante. E funziona ancora di più, la conclusione drammatica, proprio perché prima la storia era di altro registro».

Il riferimento serve a dire che «Napoli si presta molto a diventare la capitale del giallo, in più con soluzioni diverse dal classico. In questo senso un apripista è de Giovanni che ha inserito la dimensione del paranormale nel genere, un'intuizione che per me, ad esempio, si è rivelata decisiva: il mio psicologo Pietro Gerber è debitore del commissario Ricciardi, per le incursioni nelle sfere dell'irrazionale che raramente si erano viste prima nel giallo all'italiana».

Anche Lucarelli è d'accordo: «Napoli è sempre stata una città del giallo. Una volta si diceva che i gialli dovevano essere ambientati nelle metropoli, Milano e Roma soprattutto. Ma, specie, negli anni '70 si capì che anche a Napoli si poteva raccontare un luogo con l'arma del giallo come mostra il caso di Veraldi». L'idea di un festival di genere, allora, a Napoli, funziona: «Rassegne così servono a fare banda tra noi autori e il pubblico, farle qui dà un valore aggiunto. Anche perché così possiamo incontrare i giallisti napoletani che hanno una marcia in più, riescono a rappresentare un luogo così intenso con le sue tante sfumature», conclude lo scrittore bolognese.

Dazieri nel suo commento ci mette ironia: «Il Vesuvio è perfetto per eliminare i cadaveri, ci vado spesso quando torno da queste parti e penso che sarebbe una location ideale per omicidi, tra il fumo che ancora emana dal cono e i suoi paraggi così misteriosi, leggendari. Ma Napoli offre mille angoli dove ammazzare qualcuno, per noi giallisti è di grande ispirazione». Per il creatore della saga del Gorilla «la città ha la caratteristica di essere difforme. Nel giro di metri trovi una casa sgarrupata, accanto una villa meravigliosa, poi il mare: insomma ci sono tanti ambienti diversi in prossimità. Come dire, è una città in giallo a partire dall'urbanistica, si vede bene che il crimine ha messo le mani sull'edilizia. Non ho mai ambientato niente a Napoli, mi piacerebbe molto, ma ci dovrei vivere per raccontarla a dovere: forse avrei meno problemi con Mosca ma Napoli no, è troppo complessa».

L'unione tra Napoli e il giallo è consacrata dalla locandina di questa edizione: c'è la detective di casa Bonelli Julia Kendall con dietro Pulcinella e il Vesuvio. Ieri è stato festeggiato il ventincuesimo anno di pubblicazione del suo albo con la presenza di chi il personaggio lo ha creato, Giancarlo Berardi, che è pure il papà di Ken Parker: «Era il 1994, Bonelli mi disse che Ken Parker vendeva solo 13.000 copie e che la casa editrice perdeva soldi. Cominciai a pensare a un nuovo personaggio e mi venne in mente una donna che rappresenta persone capaci di ascoltare, esprimersi, caratteristiche che ho messo in Julia». Ma Julia viaggia, spiega ancora Berardi: «A settembre uscirà il trecentesimo albo, ambientato a Roma, sarà a colori».

Nell'ultimo giorno di manifestazione offi sono attesi proprio gli autori di casa tra cui Gianni Puca, Pino Imperatore e Francesco Di Domenico in rappresentanza del giallo umoristico, poi Giovanni Canestrelli, Giovanni Taranto, Massimiliano Amatucci...

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Il Mattino