Scienza, la sfida di Stuart Kauffman: «Così il senso fa irruzione nel mondo»

Scienza, la sfida di Stuart Kauffman: «Così il senso fa irruzione nel mondo»
«Se non esistessero i pesci, riusciresti a immaginarli?» si domandavano qualche anno fa i Bluvertigo. A un certo punto del suo ultimo libro, “Un mondo oltre...

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«Se non esistessero i pesci, riusciresti a immaginarli?» si domandavano qualche anno fa i Bluvertigo. A un certo punto del suo ultimo libro, “Un mondo oltre la fisica. Nascita ed evoluzione della vita” (Codice Edizioni), se lo chiede anche Stuart Kauffman. A ispirarlo, con ogni probabilità, non è la scena indie della musica italiana degli anni ‘90 ma il tentativo di rispondere a un altro interrogativo: come può nascere il senso dalla materia? Ecco, secondo il biologo statunitense, è proprio la natura “impredicibile” dell’evoluzione a rendere possibile parlare di significato nella materia vivente, dove tutto, anche la più piccola cosa, può diventare condizione di possibilità di «infinite forme bellissime e meravigliose». Se la biologia è una scienza storica, come ha più autorevolmente di tutti sottolineato da Ernst Mayr, lo si deve in fondo proprio al carattere intrinsecamente imprevedibile del suo corso. Stephen Jay Gould diceva che la vita è un film dal finale ogni volta diverso. Kauffman esprime lo stesso concetto quando afferma che «la storia fa il suo ingresso quando lo spazio del possibile è immensamente più grande di ciò che può diventare reale», ed è esattamente questo quello che accade nella biosfera, dove ogni specie crea nuove nicchie in cui altre specie vengono al mondo (avete mai visto il muschio spagnolo pendere dai rami delle querce?), dove ogni piccolo organo può essere riadattato a nuove funzioni. Le penne degli uccelli, tanto per dire, non sono nate per il volo ma per la termoregolazione, poi sono state “cooptate” per l'aviazione, lo stesso può dirsi per le ossa dell’orecchio – incudine, staffa e martello – che si sono evolute da ossa mascellari di un pesce primitivo: erano sensibili a vibrazioni sonore poi cooptate per un uso nuovo. La vita ha storia perché non ha uno sviluppo lineare. Tutta questa fiorente diversità «si fonda certamente sulla fisica, ma prospera in un regno che la oltrepassa», un regno in cui «ogni volta il significato spunta in miriadi di modi nuovi».

In direzione ostinata e contraria 

Il fisico, ripete spesso Kauffman nel testo, definisce “non ergodica” questa storicità. Per un fisico è ergodico un sistema che “visita” tutti i propri stati possibili in un arco di tempo “ragionevole”. L’esempio classico, attinto dalla meccanica statistica dell’equilibrio, è un litro di volume di un gas che raggiunge rapidamente l’equilibrio. Le particelle di gas sfreccianti nella bottiglia assumono quasi ogni configurazione possibile prima di assestarsi nello stato più stabile possibile. Tra i viventi le cose non vanno così, la biosfera non visita tutti i suoi stati possibili tant’è che i mattoni con cui è fatta la vita, gli aminoacidi, non possono generare tutte le proteine possibili persino dopo un numero astronomico di ripetizioni di una storia dell’universo lunga 13,7 miliardi di anni. E questa è una grande fortuna, perché se la vita assecondasse la seconda legge della termodinamica raggiungendo il cosiddetto equilibrio termico allora vorrebbe dire che sarebbe morta! La vita, invece, va in direzione ostinata e contrarria alla legge che regola tutti i sistemi chiusi. Nel suo celebre libro “Che cos’è la vita?”, Erwin Schrödinger (1995) scrisse che la vita si nutre di “neghentropia”, nega l’entropia, trae energia dall’ambiente traducendola in sistemi ordinati.  Secondo Kauffman è da qui che bisogna partire per inquadrare la vita come preludio alla res cogitans.

Un batterio goloso di zucchero e la nascita dell'agentività 

È il significato il vero il discrimine tra materia e spirito e il significato ha cittadinanza solo nella biosfera perché solo nella materia vivente possiamo riconoscere l’imprevedibilità, la storicità, la tendenza all’organizzazione che supera l’entropia. Non solo, è solo nei sistemi viventi che possiamo riconoscere l’agentività. Ed eccoci al punto. Prendiamo un batterio che si nutre di zucchero. Pur non volendo attribuirgli una coscienza, per il batterio il glucosio è importante, ha un significato, risponde alla distinzione primaria buono/cattivo da cui parte la possibilità stessa di una pressione selettiva e di un’evoluzione. Negli organismi viventi diventa possibile distinguere un’azione da un puro accadimento perché solo a proposito dei viventi è possibile parlare di funzioni. Una palla rimbalza ma per un fisico non avrebbe senso dire che la funzione di una palla sia quella di rimbalzare, è una proprietà come un’altra. Così come dal punto di vista puramente fisico non si può dire che la funzione del cuore sia quella di pompare sangue, anch’essa è una proprietà come un’altra. «Per un fisico – argomenta Kauffman – l’atto di pompare e di smuovere, la lucentezza, e altro ancora, del cuore si trovano tutti allo stesso livello. Nessuno di essi ha significato». Il biologo, invece, individua gerarchie perché parte dal criterio evoluzionistico della sopravvivenza e della selezione degli organismi che ne sono portatori. Entro la cornice tracciata dalla vita è cioè chiaro che la funzione del cuore è pompare sangue e non generare rumori cardiaci. Questo vuol forse dire che il cuore e la sua funzione erano previsti così come li conosciamo oggi sin dall’origine? Assolutamente no, lo abbiamo visto, il bello della vita è che le funzioni sono “impredicibili”. «Non avremmo potuto dedurre ab initio, 3,7 miliardi di anni fa che sarebbero emersi i cuori oppure le vesciche natatorie».

Il significato nasce dalla materia 

Per una roccia nulla ha significato, per la materia inerte non ha senso parlare di senso. Per noialtri, invece, tutto ha significato. «I limiti del mio linguaggio – scriveva Wittgenstein – coincidono con i limiti del mio mondo», un modo raffinatissimo per dire che, al cospetto di noialtri animali simbolici, il mondo non è altro che questo continuo rimbalzare di senso tra le parole. Figlia di Cartesio, Newton e Laplace, secondo Kauffman anche per larga parte della fisica contemporanea «il mondo continua a essere una macchina quasi priva di significato: una sventura per Shakespeare e per le nostre chiacchiere». Il batterio goloso di zucchero dimostra invece che dalla muta realtà tracciata «dalla scienza con il suo regolo e le sue linee», come diceva Keats, nasce una dimensione che la travalica in cui la materia si intreccia al significato e il significato nasce dalla materia. «L’agentività introduce il significato nel mondo! L’agentività è fondamentale per la vita», scrive Kaufmann, aggiungendo sapidamente che da qui dovrebbe poterne ricavare una definizione generale per fisici e biologi, se non fosse che «le definizioni sono oggetti strani per la scienza: né vere né false, ma solo auspicabilmente utili».

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Il Mattino