Che cosa accomuna i templari, i poveri compagni d'armi di Cristo e del tempio di Salomone, alla Firenze di Dante Alighieri e dei Medici? Apparentemente non molto. Se non...
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Storicamente parlando, sappiamo che un ingente prestito chiesto ai templari - impossibile da restituire - fu la miccia che fece scoppiare la persecuzione dei cavalieri del tempio, accusati di eresia con la complicità della Chiesa, imprigionati e mandati in gran parte al rogo, come accadde all'ultimo gran maestro Jacques de Molay nel marzo del 1314. Eppure, nel romanzo della Frale, a tutto ciò sarebbe preceduta un'altra storia: il tentativo di Filippo il Bello di aggredire Firenze con un pretesto per razziare le sue vaste riserve di fiorini d'oro.
Eppure il controverso re francese non aveva fatto i conti con Papa Bonifacio VIII, disposto a tutto pur di difendere la signoria fiorentina, utilizzando la sola persona in grado di fermare la Francia: Arnaldo da Villanova, detto «il catalano», uno dei più potenti medici e maghi del Medioevo, realmente vissuto, che ebbe trascorsi anche nella Napoli angioina, essendo tra l'altro allievo della grande scuola medica salernitana.
Seppur tacciato di eresia, «il catalano» è l'unico a poter interpretare i misteriosi segni impressi nel più antico sigillo dei Templari, a decifrare l'Abraxas e a svelare il segreto delle immense ricchezze dei monaci-guerrieri. Incalzante è il ritmo della Frale e immediata la sua scrittura. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino