Zerocalcare vince il premio Terzani: «Il fumetto è un linguaggio, giusto premiarlo»

«Sono felice di questo riconoscimento intitolato a Tiziano, un riferimento prezioso per chi, come me, cerca uno sguardo diverso sui modelli convenzionali»

Zerocalcare al Comicon
Il fumetto scala i piani alti, spiana i pregiudizi, scardina la porta dell'Olimpo letterario, finalmente accettato anche dai Saloni della letteratura. Merito anche di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Il fumetto scala i piani alti, spiana i pregiudizi, scardina la porta dell'Olimpo letterario, finalmente accettato anche dai Saloni della letteratura. Merito anche di Zerocalcare, alias Michele Rech, quarantenne di Arezzo, che con la sua graphic novel No sleep till Shengal (Bao Publishing, pagine 208, euro 23), per settimane ai vertici della classifica dei più venduti, ha vinto il Premio Terzani 2023, consegnatogli ieri a Udine nell'ambito dell'annuale festival letterario «Vicino/Lontano». Il libro è il reportage di un coraggioso viaggio compiuto dall'autore in Iraq all'interno della comunità ezida di Shengal minacciata dalle tensioni internazionali e protetta dalle milizie curde, la cui situazione è volutamente dimenticata dalla geopolitica.

Un premio letterario a una graphic novel. La sorprende?
«Ormai è chiaro che il fumetto è un linguaggio, e non un genere. Come tale, può affrontare qualsiasi tematica e qualsiasi format: dalle ricette di cucina ai saggi di politica, dalle mappe geografiche alle istruzioni per il coito consapevole. L'unico criterio che uno dovrebbe porsi è quello di sfruttare appieno il mezzo, di fare coi fumetti quello che non riuscirebbe a fare con un medium diverso».

Un fumetto è più accessibile di un saggio, può informare meglio e più lettori?
«Non necessariamente: il fumetto non è semplice di per sé, tante persone che non hanno dimestichezza con il mezzo trovano più facile leggere un libro normale, piuttosto che un fumetto che li costringe ad operare una sintesi tra disegno e immagine. Essendo, poi, un linguaggio meno denso di un manuale di storia, non è detto informi meglio. Ma consente di accorciare le distanze emotive col lettore, di stimolare una partecipazione e un'empatia che lo rende perfetto per coinvolgere le persone».

I nomi Terzani e Zerocalcare insieme sembrano, inoltre, una scelta politica.
«Sono felice di questo riconoscimento intitolato a Tiziano, un riferimento prezioso per chi, come me, verso la fine degli anni Novanta si affacciava sul mondo cercando uno sguardo diverso sui modelli convenzionali. È un riconoscimento molto importante per il mondo del fumetto, di cui sottolinea il valore come linguaggio letterario. E riconosce anche le ragioni per le quali nel 2021 abbiamo scelto di andare nel Nord dell'Iraq, e più in generale nella regione mesopotamica, dove i curdi e altri popoli testano un modello di convivenza che può insegnare molto anche altrove. Eppure oggi sono pressati dalla minaccia non solo delle bande jihadiste, ma anche di entità statali come la Turchia e lo stesso Iraq».

Del mondo a Nord dell'Iran che cosa l'ha sorpresa o intristita di più?
«Mi ha sorpreso quanto una popolazione oggettivamente chiusa, quasi nascosta in un angolo della Mesopotamia, legata a tradizioni antichissime e rimasta sostanzialmente estranea a tutti i tentativi di assimilazione da parte dei popoli e dei regimi che hanno dominato quelle aree, in pochissimi anni abbia compiuto un balzo gigantesco in termini di progresso sociale, senza tradire la propria identità. È qualcosa che dovrebbe essere raccontato e studiato, sostenuto anche da chi si interroga sulle ingiustizie e sulle ineguaglianze, da chi prova a immaginare una società diversa».

Ancora un genocidio, quello degli Ezidi, consumato sotto gli occhi indifferenti del mondo?
«Il genocidio avvenuto nel 2014 da parte dell'Isis è stato riconosciuto come tale anche dall'Onu. Quello che accade adesso è più sottile. L'Iraq e la Turchia cercano di rendere il territorio invivibile, di fare in modo che la diaspora ezida non rientri. La mancanza di servizi, lo stillicidio di bombardamenti turchi che colpiscono non solo obbiettivi militari ma anche civili e politici, serve a decimare l'amministrazione autonoma ezida e a scoraggiare chiunque dal rimanere a vivere lì. Militarmente non ci troviamo ancora di fronte a un attacco in larga scala, ma ad una minaccia difficile da contrastare: gli ezidi si difendono con una milizia popolare che non ha i mezzi per rispondere ai droni o all'aviazione turca. La sua determinazione, però, rende difficile un'invasione che sarebbe anche difficile da raccontare al mondo, dopo i massacri del 2014».

C'è un parallelo fra quanto racconta in «Kobane Calling»?


«Si tratta in realtà della stessa battaglia: i principi che ispirano la rivoluzione del Rojava e quelli che muovono gli Ezidi di Shengal sono quelli del confederalismo democratico, il modello sociale teorizzato da Abullah Ocalan, il leader curdo in carcere in Turchia da 24 anni».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino