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Chi scrive è uno dei disagiati o meglio degli sgomberati delle palazzina sita in una traversa di via Palermo nel comune di Villaricca in provincia di Napoli.
Il nostro calvario è iniziato la notte di domenica scorsa (30 di ottobre) quando alle 4 di mattina siamo stati svegliati di soprassalto dai vigili del fuoco per un cedimento del manto stradale che sembrava superficiale e che pensavamo potesse essere risolto in pochi giorni, ma purtroppo non è stato così.
Si è trattato, invece, unicamente dell’anticipazione di un calvario che ad oggi vede sgomberate tra le 25 e le 30 famiglie con una voragine di circa 20 metri di profondità che da venerdì scorso non ci ha dato nemmeno la dignità di prendere gli indumenti intimi e ci ha lasciati ad oggi nella più totale insicurezza verso quello che ci riserva l’immediato futuro per tutte le nostre famiglie, non sapendo nemmeno se e in che modo sia possibile recuperare i nostri effetti personali.
Nonostante i buoni propositi e la grande volontà nel risolvere la problematica dei vari soggetti interessati (comune, ufficio tecnico e protezione civile), dalle prime ore dell’accadimento ci si è ingarbugliati nella solita burocrazia o tecnocrazia italiana nell’affannoso tentativo di capire se la strada fosse pubblica o privata per capire quindi di chi erano la responsabilità dell’intervento.
Nel frattempo interventi opinabili e tecniche di intervento che faccio ancora fatica a capire, come ad esempio passare più volte con un escavatore di varie tonnellate sul luogo del cedimento, hanno portato a un primo forte crollo che fece tranciare di netto tutti i sottoservizi presenti (rete idrica e fognature) costringendo quindi il comune a consegnarci la prima notifica di sgombero per motivi igienico sanitari con la proposta di andare a dormire nella palestra comunale come dei terremotati.
Precisiamo una cosa, sono un architetto e quindi dalle prime ore dell’accadimento ho cercato anche attraverso le mie conoscenze tecniche di dare una mano o consigli e, a tal proposito, il comune si convinse di intervenire riallacciando i servizi essenziali e riempendo con dello stabilizzante il vuoto creatosi, visto che nella giornata di venerdì erano previsti forti temporali con possibilità di dilavamento del sottosuolo e conseguente pericolo di crollo di una palazzina.
In questo momento vi è stato l’inizio della fine in quanto questo intervento è durato solo 12 ore dopodiché, con le forti piogge di venerdì pomeriggio/sera, si è creata una voragine profonda circa 20 metri che ha portato a un dissesto di tutta l’area limitrofa e conseguente nuova ordinanza definitiva di sgombero per motivi strutturali che non ci permette nemmeno di recuperare il minimo indispensabile per la sopravvivenza.
Come si è giunti in pochi giorni all’inferno? Come è possibile che in un paese civile si concedono autorizzazioni edilizie per costruire fabbricati (nel 2005) su cave di tufo precedentemente chiuse e tombate? E i condoni chi li ha rilasciati? Queste autorizzazioni chi le ha firmate?
Oggi si chiede a 25 famiglie di lasciare tutto (e dico tutto di tutto) perché la pubblica autorità, la stessa che ha rilasciato le autorizzazioni di cui sopra, è ancora lì a decidere se la strada è di proprietà pubblica o privata mentre si è generato un evento riconducibile per danni ad una calamità naturale come se fosse un terremoto.
Oggi, mentre state leggendo queste righe è già troppo tardi e chiediamo che lo stato faccia lo stato chiamando luminari tecnici competenti (non è sufficiente la buona volontà) e ci risolva subito questo problema restituendoci la dignità di esistere in una società civile, la stessa che ci viene richiesta quando paghiamo le tasse.
Cordialmente,
Architetto Giuseppe Raimondo
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