Caro bollette, perché non basta l'impatto delle energie rinnovabili

Caro bollette, perché non basta l'impatto delle energie rinnovabili
Il risparmio non c’è, non è immediato e le misure - sia quelle già varate, sia quelle allo studio dell’Ue - non produrranno effetti tangibili...

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Il risparmio non c’è, non è immediato e le misure - sia quelle già varate, sia quelle allo studio dell’Ue - non produrranno effetti tangibili sulle tasche dei contribuenti prima dei prossimi due anni. Insomma, nonostante l’ampio (sebbene lento) ricorso alle fonti rinnovabili, la crisi energetica mondiale e l’aumento esponenziale del costo del gas continueranno a produrre verosimilmente un effetto sterilizzante sulle voci di spesa per famiglie e imprese. Questo al netto degli attesi interventi del Pnrr che - alla missione 2 - prevede ben 59,47 miliardi (31,05% del totale) di investimenti per i progetti green. Ma andiamo con ordine.

A incidere sui costi della bolletta non è soltanto il consumo in senso stretto (gas o energia elettrica) ma vanno conteggiati anche altri fattori tra cui spese di trasporto e trasmissione (e del contatore), oneri di sistema, Iva. Questo spiega anche perché, ad esempio, in Italia la Regione Basilicata ha potuto varare una norma che abbatte per gli utenti il costo per il consumo della sola materia prima (il gas) mentre in bolletta saranno conteggiate le altre voci. La decisione della giunta regionale lucana è stata possibile grazie ai ristori ambientali incassati dalle grandi multinazionali degli idrocarburi che sfruttano i giacimenti in quella zona. Inoltre, quando si parla di consumi energetici e di costo della corrente elettrica, quasi sempre ci si riferisce esclusivamente all’uso domestico. Va sottolineato che i costi dell’energia per scopi residenziali sono differenti da quelli per la clientela industriale. In questo caso i contratti previsti sono diversi, in quanto prevedono consumi generalmente molto più elevati, potenze specifiche e, pertanto, una struttura dell’impianto elettrico molto più potente rispetto a quello previsto per gli appartamenti. Se i costi per kWh dell’energia elettrica a uso industriale sono mediamente più bassi rispetto a quelli residenziali, va specificato che anche in questo caso le spese per i servizi aggiuntivi possono essere molto superiori.

Le rinnovabili fanno sì parte della soluzione ma non rappresentano «l’unica» soluzione. Tutti vogliono spingere verso il green più velocemente, ma tutto questo ha un prezzo dal momento che gli investimenti in rinnovabili, almeno nella fase iniziale di aggancio alla rete, comportano una crescita dei costi. «L’altro aspetto - spiega il professor Giovanni Silvestrini, ricercatore e direttore scientifico del Kyoto Club e fra i maggiori esperti di economia circolare - è che sostanzialmente in Italia siamo fermi al 38% degli investimenti del 2014 mentre l’obiettivo sulle fonti alternative è arrivare al 72% entro il 2030. Il problema del mercato elettrico in questo momento coinvolge tutta l’Europa dove il prezzo più alto sui grandi stock di energia, non solo il gas, determina i costi a cascata e si porta dietro, annullandoli, anche i piccoli benefici prodotti dalle fonti alternative. È chiaro che il mercato andrebbe riformato, magari introducendo due linee, una per le energie da combustibili fossili e l’altra per le rinnovabili». Se hai due mercati, insomma, uno altissimo del gas e un altro bassissimo delle rinnovabili, puoi fare la media proporzionale. E, tuttavia, di questo possibile sistema binario si discuteva già prima della crisi del gas russo. D’altra parte il mercato elettrico attuale è stato pensato quando le rinnovabili avevano una percentuale minima, 10-20%, che oggi invece è salita al 50% in alcuni Paesi, quindi è cambiata la struttura e si sta riflettendo su come cambiare le regole. «L’ultimo aspetto - aggiunge Silvestrini - concerne le politiche nazionali. La Germania per esempio, per anni ha sostenuto il proprio apparato industriale favorendolo sotto l’aspetto della sostenibilità finanziaria dei costi energetici. Francia e Spagna si comportano diversamente». La Spagna è l’unico paese in cui il prezzo dell’energia non è aumentato: ha poche interconnessioni con l’Europa per cui ha fatto richiesta per poter mettere un «cap» sul prezzo del gas, tetto che poi si riflette anche sull’energia elettrica su cui è stato inoltre applicato un abbattimento Iva fino al 5%. I prezzi dell’Europa centrale sono tutti alti al momento, questo perché le modalità con le quali si formano i prezzi al mercato elettrico sono quelli che uno offre, e in genere quasi sempre è il gas che ha un prezzo più alto e che a catena si tira dietro tutto. Anche in Francia nonostante il nucleare (32 reattori fermi su 56) i prezzi restano alti. «Questo comporta il fatto che l’Edf francese - sottolinea Silvestrini - la maggiore azienda produttrice e distributrice di energia in Francia, produce di meno e quindi i profitti saranno più bassi, la prima parte dell’anno ha avuto una perdita di circa 5,3 miliardi e a fine 2022 l’azienda avrà perdite per 24 miliardi di euro». 

Nell’ultima segnalazione a Parlamento e governo diramata da Arera, l’Authority dell’energia a fine luglio scorso, si pone in evidenza come sia ormai inderogabile «l’introduzione di tetti temporanei ai prezzi all’ingrosso del gas naturale nel mercato europeo» oltre a «una proroga del termine di rimozione della tutela di prezzo per i clienti domestici nel settore del gas naturale, attualmente previsto all’1 gennaio 2023, allineandolo con la data di rimozione del servizio di maggior tutela del settore elettrico, nelle more del completamento delle procedure per l’assegnazione del servizio a tutele graduali per i clienti domestici». Ma è la raccomandazione finale a lasciare pochi dubbi sui tempi della crisi: «Anche l’intervento emergenziale relativo alla riduzione della domanda di gas naturale, proposto dall’Unione europea il 20 luglio scorso e finalizzato ad affrontare le criticità dei mercati - scrive L’Autorità - verrà adottato per un periodo di due anni per consentirne un’efficace azione. 

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Il Mattino