Cartelle esattoriali spedite da pec non valide: adesso l’Agenzia si mette in regola (ma resta il nodo ricorsi)

Cartelle esattoriali spedite da pec non valide: adesso l’Agenzia si mette in regola (ma resta il nodo ricorsi)
I ricorsi ormai stavano arrivando a pioggia. Così il Fisco ha deciso di correggere la rotta. L’Agenzia delle Entrate - Riscossione ha inserito nei pubblici registri...

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I ricorsi ormai stavano arrivando a pioggia. Così il Fisco ha deciso di correggere la rotta. L’Agenzia delle Entrate - Riscossione ha inserito nei pubblici registri tutte le caselle Pec utilizzate per inviare le cartelle esattoriali ai contribuenti. La vicenda era stata sollevata dal Messaggero lo scorso 19 agosto. I giudici tributari, sempre più spesso, si erano trovati a dover decidere la validità delle cartelle esattoriali notificate dal Fisco che venivano consegnate da caselle pec “sconosciute”. L’appiglio dei ricorsi era la legge 53 del 1994, che stabilisce che la notificazione in via telematica degli atti «può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai pubblici registri». Se l’atto arriva da un indirizzo “non ufficiale”, ossia non contenuto in uno dei tre registri pubblici (Ipa, Reginde e IniPec), si considera come «inesistente». Il punto sta proprio qua. L’Agenzia delle Entrate - Riscossione ha da sempre inviato le cartelle da pec non registrate. E lo ha fatto sostenendo in tutti i contenziosi tributari, che per gli atti di riscossione la legge 53 del 1994 non si applicava.  

Ma non tutti i giudici hanno accolto questa tesi. Anzi, da qualche mese a questa parte sono aumentate le sentenze che hanno dato ragione ai contribuenti, anche in secondo grado, nelle Commissioni tributarie regionali. Ad agosto, per esempio, anche la Ctr del Lazio ha sposato la tesi dei contribuenti. Ma come inciderà sui contenziosi ancora sospesi la decisione del Fisco di fare marcia indietro e registrare le Pec? È possibile che chi ha presentato ricorso prima che l’Agenzia iscrivesse tutti i suoi indirizzi nei pubblici registri, possa avere un argomento in più davanti ai giudici. Insomma, potrebbero far valere la mossa del Fisco come una sorta di ammissione di colpa. Difficile sostenere dinanzi ai giudici infatti, che non c’è bisogno di registrare le mail e poi invece registrarle. 

Per i contribuenti potrebbe essere dunque più facile verdersi annullata la cartella. Ma l’Agenzia delle Entrate - Riscossione ha intenzione comunque di portare avanti le sue tesi. «La decisione di pubblicare nel registro Ipa gli indirizzi Pec usati per le notifiche delle cartelle e degli atti della riscossione», hanno fatto sapere fonti della stessa Agenzia al Messaggero, «è stata presa per evitare spese e aggrvi per contenziosi sia all’ente che agli stessi contribuenti. Ma rimane il fatto», sottolineano le stesse fonti, «che la legge non impone nessun obbligo di pubblicazione nei pubblici registri o elenchi». Il Fisco, dunque, sembra intenzionato a continuare a sostenere anche di fronte ai giudici tributari le proprie tesi in merito alla notifica degli atti effettuati nei mesi e negli anni scorsi utilizzando indirizzi mail non registrati. 

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Il Mattino